È nebbia è buio, gli occhi non cercano
una traiettoria, soppesano il caos fumoso e trovano una giustificazione alla
loro inerme cecità. Dopo, solo dopo ti accorgi che il non esserti addentrata non è stata esattamente una tua scelta ma
l’unica forma di sopravvivenza.
Ho sempre pensato che sperare abbia in sé un nucleo
indistruttibile infitto e innato di felicità. Non si tratta di una sana abitudine
o il frutto di un’educazione né credo sia la prerogativa dell’ottimista -anzi …
se penso alla speranza penso a un buio tubero: solo alcuni dei suoi germogli,
in un lento moto verticale, si dissotterrano seguendo la luce che è riuscita a
raggiungerlo nei suoi anfratti. Sperare, quindi, potrebbe essere il risultato
di una buona manutenzione della realtà: eliminare le ragnatele che impediscono
a quella luce di raggiungere i miei avvallamenti, e illuminarli e vivificarli.
In quel tubero, l’albero da cui proviene
e quello che lui stesso sarà, ecco perché cresce nella terra dei senza-sogni.
Così silente, il dolore è stata la tappa più vicina a questo momento in cui ogni
energia non è più impegnata -e sprecata- a credere in