Non è facile presentare o introdurre una silloge poetica, per ovvi e molteplici motivi, che non sto stasera ad elencare, da subito, ne ho sentito l’onore e l’onere, in primis le poesie di Angela Caccia, sono pluripremiate ( e dal 2004 con la sua prima pubblicazione il Canto del Silenzio ad oggi ha continuamente ricevuto prestigiose recensioni, menzioni d’onore e alcune liriche sono inserite in diverse antologie.
Presentare una silloge poetica è, dunque, cosa complessa: quando parliamo di poesia, parliamo di un testo polisemico, ciò significa che in ogni poesia è riscontrabile un significato di base oggettivamente valido, ma che, al di là di esso, ogni lettore potrà scovarvi tanti altri significati, a seconda della propria cultura e della propria sensibilità.
“L’unica prefazione di un libro è la mente di chi lo legge” diceva Fernando Pessoa, ma siamo convinti che un libro di poesie, come questa silloge, oggi più che mai va sostenuto, ancor di più perché l’autrice si sta imponendo alla ribalta nazionale operando in un contesto non certo facile
Nel 1975 Montale, all’Accademia di Svezia, durante il discorso per il Premio Nobel, si chiedeva "In tale paesaggio di esibizionismo isterico, quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia?". Sceglie queste parole Montale, "esibizionismo isterico", l’arte stessa che si fa spettacolo, si fonde con i nuovi mezzi di comunicazione, pur di mantenersi viva e non cadere nel vortice del tempo. Così la parola poetica che sembra sempre più al margine, perde la posizione che aveva un tempo? Domanda legittima; certo è che anche oggi questa rimane una grande sfida: perché oggi come ieri, il bisogno del poeta, colui che si assume la responsabilità di questo linguaggio, è immutato.
A dispetto della nostra società industriale e massificata, la poesia, pur tra mille difficoltà, è riuscita a ritagliarsi uno spazio. Se essa non può certo cambiare il mondo, può tuttavia spingere l’uomo a ritrovare il senso di sé, può indurlo a momenti di meditazione e di riflessione.
L’unico modo per far vivere e rendere davvero eterna la poesia, è imparare ad amarla e trasmettere questo amore ai giovani e alle generazioni future; e leggere, leggere tanto, e tramandare agli altri queste perle della comunicazione e del linguaggio, che rendono nobile l’uomo ed il suo animo da sempre. Educare le nuove generazioni, stimolarli a ritrovare la bellezza della poesia è un dovere.
L’invito stasera è a cogliere queste poesie con attenzione, da non intendere come cosa forzata, perché il collante di questi testi, credo, non sia una semplice smania di scrivere, né una volontà incontrollata di stendere versi, ma un bisogno di creare per scavarsi e scavarci dentro. Sua eccellenza Mons. Antonio Staglianò, ha definito la poesia di Angela Caccia un atto rigeneratore dell’atto poetico. E anche il poeta Davide Rondoni, nella prefazione della silloge precedente Nel fruscio degli Ulivi dice Angela Caccia è una poetessa dell’alba, pensa e scrive per sorprendersi.
La poetica della parola, la forza della parola
Accecate i cantori, è la quinta silloge pubblicata di Angela Caccia, vincitrice del concorso Versi con giurati, edizioni Fara, contiene 55 poesie (e altri test in appendice di Lucianna Argentino e Francesco Filia, membri della giuria che hanno donato delle loro poesie).
Poesie raffinate e interessanti, sia sul piano tematico, stilistico e linguistico; è quasi assente la punteggiatura, come se fosse stato eliminato tutto ciò che è superfluo, non hanno titolo, il primo verso dà il titolo ai vari componimenti, qualche similitudine, più anafore, anastrofe, metafore e analogie, strofe di diversa lunghezza, un labor limae interessante in ogni strofa.
Si percepisce da subito nella scelta accurata delle parole un respiro poetico consapevole in cui si possono cogliere elementi validi su problematiche esistenziali.
E’ una silloge ben costruita, a mio modesto avviso, le poesie sembrano dialogare l’una con l’altra. L’autrice si muove tra versi profondi, scorrevoli, senza cadute di tono, velati solo da un leggero ermetismo, perché è spettatrice di ciò che scrive e ciò che mostra rende più ricchi, una poesia carica di esperienza umana, in cui la parola è evocatrice di immagini e di sensazioni.
Il titolo sembra paradossale, provocatorio, Accecate i cantori, tanto la poesia non morirà mai, i poeti continuano a “creare” e Omero è vivo tra di noi e, a distanza di secoli, assaporiamo ancora la forza dei suoi versi. Cosi già dalla dedica il lettore viene subito traghettato in una dimensione speciale a chi conferma rotte, scrive l’autrice, calando il piede nella traccia buona già calcata
A chi ne imprime di nuove col coraggio e la solitudine della prima orma. C’è una certa consapevolezza da parte dell’autrice dell’atto poetico: essenziali e lapidari i versi della seconda strofa di pagina 13 Non ho nome, non rubo ossigeno, non occupo spazio…..una vera dichiarazione poetica. La poesia è una tentazione, dice l’autrice, ha bisogno di tempo, devi ascoltarla dentro sono attimi di niente non occupano niente e il suono della parola ci scaverà dentro ed è solo con la poesia che si potrà accettare quel Moto perpetuo che risuona dentro anche quando la voce è finita.
L’autrice stabilisce, attraverso il ricordo, la fantasia e l’immaginazione, un rapporto tra terra e cielo, tra un nuovo tempo atteso e sperato e il tempo della poesia. Il ruolo del tempo, i ricordi, gli affetti famigliari, insomma una “poetica della memoria” che si snoda con delicatezza e sensibilità d’animo. Uno dei temi dominanti è la memoria, panta rei, tutto scorre, ma a questo contrasto gli affetti diventano, la fodera della nostra memoria e le parole del poeta si fanno parole dentro. Solo i poeti hanno il potere di dilatare il tempo, infatti il tempo della poesia è sempre il presente, perché i poeti cantano sempre. Certo i dati e le date sono importanti per capire come ogni singolo autore costruisca determinati concetti e arrivi a determinati conclusioni, ma di ogni poeta resta ciò che ha scritto e ogni singola parola pulsa di emozioni che sono e saranno sempre in grado di commuovere chiunque si ferma a leggerne le righe. Così magari non ricordo quando è nato Omero, Mimnermo, Anacreonte, Alceo, Saffo, Catullo, Virgilio, Orazio, Dante, e così all’infinito, ma ricordo però l’eco dei versi che a distanza di secoli ancora ci comunicano qualcosa, perché la parola del poeta è sempre dentro di noi. La poesia è eterna, perché intrisa di sentimenti e ci trasmette emozioni e sentimenti, che sono universali e immortali, l’amore, l’amicizia, il dolore, la morte non hanno tempo.
Le poesie di questa raccolta, dunque, non sono solo un semplice sfogo dell’anima, ma sono componimenti letterari: perché sono lievi le parole che accompagnano concetti profondi o descrizioni che toccano il cuore. Ogni poesia ha quasi il compito di consegnare qualcosa ai posteri: un’emozione, un evento, una riflessione un personaggio (bellissimo il verso di pag. 19 Scarponi e girasoli… di te s’ama ancora la copiosa bellezza ferita, poesia dedicata a Van Gogh) o quella ad Alda Merini solo i poeti reggono l’instabilità della soglia. Con estrema naturalezza di linguaggio l’autrice passa dall’immortalare i grandi alla descrizione di un semplice quadretto famigliare come nei versi bianca la casa di nonna Grazia, le mura di borotalco i tetti arcuati, bianca la luce, bianche le caramelle col buco, bianca l’infanzia …(pag.48)
E poi ancora mi piacciono le strade lunghe bagnate di pioggia….con la forza finale di smettere di camminare raso muro (il testo che abbiamo ascoltato all’inizio)
E ancora un topos letterario ripreso dall’autrice con quella nave al largo ti guarderò sparire…..ti avessi dato la mia mappa dei venti.
Una necessita, quindi, di interrogarsi su tutto ciò che riguarda la vita dell’uomo, ma crescere è l’avventura di solitudini in mare aperto ….. l’infinito non è un’illusione ricorda sta al di là di ogni orizzonte, di leopardiana memoria,
porta con te queste mie parole perché si facciano parole dentro (a pag. 52)
o ancora Non ci si addestra mai al dolore…al male sì per fronteggiarlo in qualche modo, dice l’autrice.
In tutta la raccolta serpeggia una certa dolente e in alcuni versi struggente malinconia, ma si respira anche un alone di spiritualità, che dà intimità ai testi e ci invita a recuperare i valori dell’humanitas.
Certo ognuno è disponibile a modo suo al richiamo che lo spinge verso la poesia, ma attraverso questa poetica matura, ricca di immagini suggestive, l’autrice ci conduce tra squarci di contemporaneità e note di profondità intimistica a compiere un’esperienza irripetibile di libertà.
La poesia è la felicità di leggerla vale più della colpa di scriverne, ci ammonisce l’autrice e allora accechiamo i cantori, Omero pur cieco continuerà a scrivere versi oggi, domani e per sempre.
Castello di Santa Severina 26 novembre 2017
prof.ssa Caterina Curto