mercoledì 29 novembre 2017

Non siamo mai unicamente dove pensiamo di essere - Giancarlo Stoccoro


Una poesia che avanza non senza qualche pausa, quella di Angela Caccia.
Se pare indugiare, lo fa per guardarsi brevemente attorno, per poi procedere a colpo sicuro diretta al bersaglio.

C'è un abisso negli occhi che si fa orizzonte per chi non può vedere. 
Già Freud invitava a rendersi ciechi artificialmente per poter accedere a ciò che in altro modo non può essere accessibile. Ne facciamo esperienza comune in sogno.

Certo nel verso occorre scegliere le parole giuste, utilizzare i segni d'interpunzione, operare un montaggio minuzioso delle immagini.
Angela dirige il lettore ma non lo rende fruitore passivo: se questi ne segue le tracce a piedi scalzi ben potrà imprimere, se lo vorrà, orme nuove. Ed è la stessa autrice a invitare a farlo nella splendida dedica iniziale.
Il primo canto, uno dei migliori dell’intera raccolta, è programmatico: non si attraversa indenni la vita su questa terra, bisogna fare esperienza del male per riuscire a tenergli testa ma il dolore che l’accompagna non può essere addomesticato.

Se il gesto non consola, la parola può diventare un’arma impropria.
Proprio da questo campo di battaglia può elevarsi la poesia, come un sentiero d’alba che apre orizzonti nuovi da cui ripartire.
Angela non è madre abbandonica, viceversa attenta e premurosa; nella sua poesia il mancato abbraccio è solo un abbraccio che tarda ad arrivare e il silenzio l’attesa di una voce che sempre torna.

la voce, la voce è un tornare in pista- qui/ sul foglio, resto negli argini di un bosco, /grembo di antica madre
sono io il singulto dei rami/ io lo squittio dello scoiattolo/ il raggio che si finge liana/ a camminare in una guazza di foglie/ -credimi- si può tornare alberi

Anche quando, nel procedere inesorabile del tempo, tutto sembra farsi passato e ogni cosa perde la parola capace di nominarla può giungere soccorrevole
(…) un buon verso/quel moto perpetuo che risuona dentro/ anche quando la voce è finita
Non siamo mai unicamente dove pensiamo di essere, questo a mio avviso il filo rosso che percorre l’intera raccolta “Accecate i cantori”.

C’è sempre un dentro e/un dietro nelle cose/e a volte/la porta non ha maniglia

Giancarlo Stoccoro