venerdì 10 febbraio 2023

Di albe e di occasi di Grazia Procino

 


Il momento più laborioso per chi scrive versi, presumo non sia tanto – e non sia solo – quello di scendere con mente e cuore in piccole fosse inesplorate dall’io e lì stupirsi e attardarsi nelle proprie emozioni, quanto risalire e riproporre la magia di quel momento come si può, come si sa, restando il più possibile fedeli a una densità che va scemando.

L'abilità di coinvolgere, non uno, ma tutti e cinque i sensi è Grazia Procino col suo libro  “Di albe e di occasi”. A tratti mi ha ricordato Roberta Dapunt: lo stesso passo lento e calibrato di un verso passionale che ama tanto la natura fino a farne una continua proiezione di sé.

Avviso ai naviganti che approderanno a questo libro: quel verso si allunga dove non crede: fino ai ricordi. E come succede con le snowball - le sfere di vetro che, a scuoterle, simulano neve sul paesaggio in miniatura - li smuove e li riporta vispi sulla pelle. Così, capita -a me è capitato !- e ti accorgi che, di tutto il tempo di cui sei ricolma, una fetta è rimasta senza tempo, come una stella polare sul cammino che resta.

 È un libro che si legge con tanto tanto gusto e, ciò che più conta, lascia la voglia di rileggerlo.

 

La veglia agli assenti

Non so più nulla di te

 in quale casa hai riparato le tue fragili ossa

 la tua mente occupata

 a domare gli eventi

a classificare le cose

 quali voli intessi

 in quali veglie preghi

quel Dio cui affidasti

 i timidi sorrisi.

In questa casa corone di rossi pomodori

 secchi con le zanzare che frullano

 nel fuoco dell'estate vigilano

 come guerrieri scesi dai monti lucani.

 Moriamo alla luce di ceri accesi

 su finestre spalancate sulle sere che giocano intorno

                                                            riti di passione.

Non c’è più nulla che ti somigli.

 

 

Davanti al porto visitato dai gabbiani

 

Infine, aperte le danze dei pensieri,

 sulla banchina del porto di Puglia,

 gabbiani frettolosi intrecciano le reti

 nel cielo che rabbrividisce

 per le nuvole dense di tormenti.

 Il tuo passo va col mio

 nel gioco del mondo opaco

 mi alzi il bavero del cappotto

 - precario argine all'umore inclemente del tempo

 - eppure mi protegge il gesto.

 La tua voce prende il largo

 naviga sull'acqua scura

 e salva dal vuoto

 

 

Nulla ci appartiene

 fino in fondo

 stiamo qui a fissare

 un cielo senza più stelle.

 Passa il tempo

 senza più cognizione

 Non fa differenza

 se i conti mai tornano.

 Io appendo i sogni alla sera