Conosco la scrittura di Angela Caccia e ne
ho apprezzato tutte le precedenti raccolte ma in questa avverto la somma
esistenziale della poetessa che si articola su due categorie principali il
tempo “ un tempo straniero che cresce in petto” e la solitudine: temo
la solitudine incolore.
Alcuni componimenti sono stati certamente
scritti durante la fase pandemica e pertanto risentono dell'isolamento sociale:
Tempi bui – meglio atterrare, dedicarsi alla cena, e ancora: la luna.
Disegna la solitudine della strada e ci invita a : scongiurare
solitudini in cattività, ma anche della profonda pausa riflessivo creativa
dell'artista. Sì perché Angela non è solo poetessa, le sue mani hanno
dimostrato un talento straordinario nel forgiare prodotti di porcellana e
questo fa di lei un'artista a tutto tondo. Come giustamente fa notare l'amico
Renzo Montagnoli in una sua nota di lettura, traspare in questa raccolta tutta una
scala cromatica in sinestetico connubio col sentire della Nostra. Ma la mia
lettura è stata profondamente attratta da questo dialogo muto e prepotente tra
tempo e solitudine. Perciò leggiamo: è lei la luce che si staglia nel tempo
che non c’è/ Si interroga la
poetessa: quale tempo s’accorgerà che ce ne siamo andati?/Sentinella
quanto resta del giorno?
Ma al contempo vuol credere che un
tempo sbilanciato povero di promesse/ avaro di attese /prospero di atmosfere ci
fa lieti.
Angela Caccia si rivolge al lettore,
quando distilla il suo rapporto col tempo che ha speziato il
ricordo, lo stesso che netta e ricolora la vita e a volte invece racconta
che l’orco /non se n’è mai andato. Tuttavia non vive il tempo come un
nemico, ma cerca di adattarsi alla stagione che l'accoglie: lo sentirò
invecchiare/con me il tempo a un ritmo più pigro.
In queste dinamiche s'inserisce il suo
amore per il silenzio, da cui sgorga la poesia:
Poesia/ è ciò che non è accaduto/e calò il
silenzio/ come unica forma di eloquenza.
A chiudere il cerchio un'altra lirica
recita: Avesse un rumore la
solitudine/ sarebbe di silenzio.
Quella della Caccia non è solitudine che
predispone alla disperazione, ma è il giusto mezzo per ritemprare le forze e
dare forma alla creatività: Ed è come/se il mio vuoto brillasse/ tremule
prossimità. Che dire invece del ruolo dei sentimenti?
Dicono sia la perdita/ la misura
dell’amore e a me resta/ un pezzo di vita mancata dalla parte del buio.
Colma
la misura con l'operosità della sua arte, l'alveare era solo assopito, veglia
invece la sua parola che indica varchi di luce e prossimità, e resta parentesi
aperta nella linearità del tempo.