Gentile Prof.
Odifreddi,
chi le scrive è una “pulce con la tosse”, così pulce da sapere che queste
parole non arriveranno mai al suo orecchio - ma servono comunque a me -, una pulce
che ha raggranellato qualcosa da un fondo di pochezza e gliela vuole porgere in
“amicizia”. Magari, sceglierà lei da quale verbo greco far discendere il
virgolettato -avrà di certo letto Florenskij e la carrellata di etimologie che
prodiga a questo termine nel suo libro. Potremmo convenire -della serie: io me
la canto e io me la suono :-)- di rimanere nei pressi di filein e ritrovarci
entrambi in una sorta di bonaria inclinazione al bene e, quindi, a lottare per
il nostro bene, dove “nostro” include un io che ha a cuore il bene del tu
perché, al di fuori, non ci sarebbe un nostro).
E vengo subito
al punto: quel Medioevo in cui catapulta il Papa -e, in genere, chi crede-,
è lo stesso Medio Evo che abita lei!
La differenza?...
La sua religione è la
razionalità, il suo dio la scienza, a cui tributo anch'io onori rispetto e
deferenza grandi, incommensurabili. Ma mi perdonerà se scrivo entrambi con la
minuscola: vede, il suo dio ha ancora molti limiti che il mio non ha. E a Lui
rivolgo la mia preghiera superstiziosa: il mio “sia fatta la tua volontà”, “se
puoi, allontana da me questo calice” ma sia fatta la Tua volontà, perché so che
è volontà di bene; dammi coraggio e dammene abbastanza da poter aiutare, oltre me, qualcun
altro. E ammesso che non sia così, penso che, se la fede è superstizione, la
razionalità è la cella più angusta in cui si tiene segregata la parte più vitale
e misteriosa di noi.
Io, tra le due, scelgo la mia superstizione dove
pathos e logos vivono in una sorta di staffetta quotidiana: se l’uno si ferma,
l’altro prende il testimone e lo porta avanti, a volte -si figuri- camminano
fianco a fianco. E, comunque, nella mia superstizione c’è spazio per tutti,
anche per chi non crede e si arrabbia e inveisce e vuole a tutti i costi
convincere -forse, convincersi. Mi perdonerà se ho citato, implicitamente e
senza volerlo, Maria Zambrano, filosofa che, presumo, avrà cestinato da tempo.
Io, che non sento l'esigenza di convincere alcuno, continuo a leggere lei, così
come Umberto Galimberti, l’amatissimo Massimo Cacciari, Salvatore Natoli, tutti
grandi e illuminati, praticamente immensi, ma nessuno così tanto da abbattere i
confini della nostra finitezza, quanto la mia fede che, per me, è energia,
senso, potenzialità, possibilità, tutto in un mistero di bene – lei, continui a
chiamarla come vuole.
Buona vita