Quello di Angela caccia è un libro intessuto di partenza e ritorni, di preziose memorie che riemergono in un universo fatto di gesti e realtà minime, quotidiane: Le dita, così arrese ai braccioli/ toccandosi tornano ad affiatarsi/ e raccontano: ognuno è stata una nave/ nel giorno, ognuna all'altra torna porto.
L'autrice intraprende un percorso lirico che si snoda tra le innumerevoli stazioni e i porti dell'esistenza, attraverso “un paese di radici/divelte” Dove chi viaggia in queste terre ferite, tra stupore nostalgia, conosce un luogo primigenio a cui fare ritorno, “un’Itaca nel cuore”.
La scrittura diventa perciò tramite di una semplice, naturale preghiera: che l'incanto della bellezza (definita dall'autrice “una ferita”) possa tornare a splendere anche di fronte al buio dell'esistenza: «l’aria del mattino voglio / di me una stilla / nelle tue arterie, un puntino / sulla cartina muta del cuore».
Nella consapevolezza che «il cielo brucia più forte dell’inferno» e che «tornare ad amare è come / ritrovare una direzione» la poesia di Angela Caccia tenta di custodire un «silenzio / di cose vere» animato da gesti semplici e piccole speranze, da piccoli “forse”, che danno appunto il titolo alla silloge. La raccolta, attraversata da attimi di pietas e tenerezza filiale («li guardo dormire / uno biondo l’altro bruno / meravigliosamente miei / il mio vento nelle loro vene») non teme i numerosi contrasti e increspature che si generano all’interno del verso, in un costante attrito con la quotidianità scabra dell’esistenza, come la vista di «un ciuffetto d’erba negli interstizi / di mattonelle sudice, tra vapori / di caligine», oppure il ricordo della madre che si perpetua «in un rumore / di ciabatte che / mi cammina dentro».
Così l’autrice, affidando i propri pensieri-preghiera alla “parola” della poesia che «conosce il centro / della ferita» intuisce attraverso la scrittura un alto, valoroso compito: quello di partire per l’avventura del mondo se non per ritornare, come Pavese, all’origine, per «restituire a chi resta il cuore».
Massimiliano Mandorlo
Recensione presentata su Cenobio, periodico culturale pubblicato a Lugano e fondato, nel 1952, da Pier Riccardo Frigeri, che l'ha diretto fino al 2002 (nel 2003 gli è succeduto Manuel Rossello e nel 2008Pietro Montorfani).
La rivista ospita articoli di autori prestigiosi su diversi argomenti: arte, letteratura, filosofia, società, politica, cinema; pubblica inoltre inediti di scrittori e poeti contemporanei e informazioni su avvenimenti culturali.
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