“La verità, vi prego… su…” sulla poesia! La citazione mi è utile per affrontare una volta per tutte il mio difficile rapporto con la poesia. È stato sempre un odi et amo. Quando si è più disposti allo sconvolgimento dei sensi che può provocare un verso si ama quell’emozione e si pensa che rimanga un effetto isolato.
Ma non è così: ovvero non è quella determinata poesia e quei versi a imprimersi nella parte più profonda del nostro essere: è proprio la poesia come genere (?) che ha questo potere. Se ci vuole travolgere essa sa come fare, se vuole emozionarci o farci scoprire altro (un mondo, un universo, una luna luminosa senza lati oscuri, un dettaglio rivelatore di noi stessi o della nostra vita autentica), essa sa come fare.
Ad esempio, prendiamo alcune poesie di Angela Caccia, una poetessa “laureata”, a cui da tempo hanno cioè messo la corona d’alloro che lei porta fiera, con orgoglio e con la consapevolezza di tutte le sue enormi capacità poetiche. Ecco, Angela Caccia: tenera (l’avreste mai detto?) donna ma che quale domatrice nel suo privato circo sa come tenere a bada i suoi fieri versi e fa fare loro giravolte, capitomboli, per poi squadernarveli davanti agli occhi e a voi tocca poi rileggere le poesie e vedere dove mai ha ottenuto quell’effetto e voi non ve ne site accorti: vi ha messo nel sacco un’altra volta. Perché mai come in una poesia le parole sono importanti ma nella poesia più che altrove devono essere proprio quelle giuste. E Angela le parole giuste riesce a trovarle quasi sempre: il “quasi” è per me obbligatorio perché non tutte le poesie riescono col buco e meno male: la ricerca continua.
Personalmente prediligo le poesie del quotidiano, della quotidianità: cose e concetti semplici che riverberano nell’animo come note e conosciute ma quando le leggi in una poesia acquistano un altro senso, quello che tu vuoi vedere. La poesia come uno specchio ma più fedele? Forse sì e perciò ha anche la mia gratitudine. E questo è uno dei motivi per cui “amo” la poesia. Tra riconoscimento e scoperta. E invece “odio” la poesia quando è un esercizio, quando adopera parole non usuali o difficili per colpire, anche l’immaginazione. Quando chi sa giocare con le parole e i versi rimescola tutto in una sua lingua che pretende, vuole convincerti, essere la tua. Odio la poesia quando vuole ottenere, e lo si capisce, un “effetto”, quale non lo sa il lettore ma il poeta sì.
Mi chiedo anche se chi come me ama Vladimir Majakovskij, e Emily Dickinson e Costantino Kavafis e Wislawa Szymborska, Giorgio Caproni e persino Lorenzo Stecchetti (i primi nomi che mi vengono in mente) possa amare anche Angela Caccia. Io credo di sì.
Giovanna Calvo
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