Di tutto restano tre cose: la certezza
che stiamo sempre iniziando, la certezzache abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di
finire.
Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta, un
passo di danza, della paura, una scala, del sogno, un ponte, del bisogno, un
incontro. (F. Pessoa)
Il
poeta, più di chiunque altro, conosce il senso della precarietà -lo combatte,
ci lavora, di fondo dannazione e salvezza. Dio solo sa quanto il suo scriverne
sia un modo come un altro di attraccare al sicuro, di scansare la tempesta.
Ecco allora che Urano è la nostra casa sull’albero che, causa forza maggiore, deve rimanere -almeno- a 10 minuti da
noi: sospesa, quanto basta, dalla terra -qui il quotidiano non dà tregua:
inghiotte e omologa; sospesa anche dal cielo e, anche qui, quanto basta per
gustarne la solitudine e allargare, nel segreto, le proprie ali
Pag.15
Mi sveglio: vesto come sono apro
l’armadio
Del futuro
affido
al cassetto la notte sospendo allo
specchio
l’affanno delle scale
le mani stanche, lo
sguardo della nostalgia
la
certezza di aver sognato il sudore dell’anima
Pag. 23
Temo la vita senza emozioni
abiti da comprare
alberi da curare
stoviglie nuove tappeti
pareti da dipingere
appetiti di tavole imbandite
desideri da fantasticare
Temo di più la vita
senza il buio della notte
senza amore da giocare
che la morte
A volte torna utile conoscere lo
sguardo dell’autore ed io conosco quello di Carla De Angelis -ci sono sguardi che attraggono come falene alla luce, gli occhi
di un pallido chiarore lunare, si coglie il soffio di notti senza risposte.
Potrei connotarla in tre
parole, due di queste, dolcezza e coraggio, le stesse pesano e quantificano il
suo verso. Nessun fronzolo, non c’è l’urgenza di compiacere il lettore, quanto
quella di restituire alla vita, Vita: quel brulichio di emozioni -all’impatto
di un pezzo di dolore o di una gioia squillante, poco importa- è il suo modo di dire grazie: ci sono, ti
reggo e ti rilancio con le mie parole, in un verso
Pag.25
Sospendere i pensieri sull’uscio
voci nel silenzio, sogno nel sonno
Senza affanno riscoprire vecchie foto
dilatare cassetti e memorie
Celebrare allegramente il tempo
fra risate e rughe sulla fronte
Detta
così, sembrerebbe che la Nostra sia un’ottimista ad oltranza, una di quelle che
fanno del sorriso sulle labbra la maschera con cui convincere sé stessi e il
mondo. Invece no, la terza parola che “riconosce” Carla è forza -acume volontà fede-, la forza di ricercare e motivare di
realtà quel suo sorridere ad ogni giorno
Pag.33
Aprire gli occhi, scalare il giorno
giungere al ristoro della sera
Nel buio sogni
non smentiscono disegni.
Lo specchio riflette
il dolore che non piangi
Un battito d’ali
dipinge il cerchio nel quadrato
Ecco
allora, che le parole, per Carla, diventano le briciole da seguire per arrivare
a meta - il percorso è sempre accidentato… Pag 35
Madre
questa notte lascio aperto un sogno
Entra
puoi vegliare
o dormire accanto
le mani inermi
o accarezzarmi
Non ti inquietare
Lascio aperta anche la porta
quando vuoi puoi andare
Pag. 87
Sfogli pagine vuote
non sai che mai arrivo all'ultima?
Sempre inizio un quaderno nuovo
lascio sospesa la vita
ad altri il finale
La lampada che lascio accesa
esilia la notte
Quando il buio acceca
la luce veglia la casa
inchioda sulla soglia la paura
E
non potrebbe essere altrimenti: il dolore è l’unico passe-partout: hai voglia a
forzare le porte di un’emozione -raccontarla, decifrarla- se non c’è quella
sorta di rituale che affina l’anima e la rende recettiva come un diapason. E
chi conosce Carla, sa che il suo dolore -profondissimo- ha un nome che, nel
contempo, è la sua più grande passione: da tutto ciò non poteva non nascere un buon
Poeta.