lunedì 10 agosto 2015

Poesia: questo andare oltre l'immagine - recensione di Bonifacio Vincenzi




Sguardi, odori, canti, immagini, fantasie, stupori, pensieri e quella voce silenziosa che sboccia nel biancore della pagina per farsi parola che rimane,  che va oltre  i vincoli dell’appartenenza, pronta ad accendersi ad ogni carezza di nuovi sguardi, nuovi mondi, nuovi destini. Specchi, specchi e ancora specchi perché la vita della poesia è questo andare oltre l’immagine, è questo ritrovarsi nella casa dei poeti dove la persistenza del tempo si dilata perché da loro, come canta Emily Dickinson, “sempre/ è fatto di tanti adesso,/ non è un diverso tempo/ salvo per la sua infinità/e per l’estensione della sua casa.”

La casa di Angela Caccia, in questa bellissima raccolta di poesia, Il tocco abarico del dubbio (Fara Editore), “ è svegliarsi/ tra le coperte del mattino/ le più calde// fuori/ un pigolio di pioggia/ il balbettio cadenzato/ nella pozza// i rami gocciolanti/ già carichi di notte/ pesanti d’acqua// il silenzio dei passeri/ l’umore mesto delle foglie/ s’acquatta la lumaca/ la terra che allatta/ goccia a goccia.// Dietro le palpebre/ in riflesso/il mio cosmo// il posto delle cose/ odori e rumori di casa/l’angolo del pianto/ sulle pareti profili dinamici/ statici pendono i ricordi//alle nebbie del fuori/ un piacere asciutto/ come una chiarezza/ in un perimetro di tempo/ ho coltivato un campo a spaglio/… pare buona la sementa.” (La casa)
 
Percezioni sensibili di rara bellezza, il cuore colmo; in un attimo milioni di istanti rivivono nella somma di tutti i sentimenti e nella forza generatrice della poesia.

Niente è più impressionante, nella poesia di Angela Caccia, di questa sorpresa di fronte al silenzio che parla, per cercare di colmare il vuoto infinito di tutte le età che le appartengono.

Attorno a noi, l’invisibile. Ma il nostro sguardo cerca nelle parole quella vita che è passata, quella vita che riguarda tutti noi, diversa, ma nell’essenza, così uguale, così piena del nostro essere altrove.

Dentro e fuori. In quanto lettori possiamo muoverci all’interno della sua casa, avvicinarci magari all’angolo del pianto dove il dolore sospeso senza forma assilla il rimorso dei vivi.

O, invece, riempire la finestra per vedere scorrere le quattro stagioni:  pioggia, pioggia e ancora pioggia, l’ammasso di venti, le notti d’estate, le albe, i tramonti, il suono silenzioso della neve …

Dentro e fuori mentre negli strati del tempo il dubbio è uno strano piacere per nascondere inquietudini e paure e andare avanti, con la propria vita, quella scomparsa e quella ancora viva.

Alla fine ciò che Angela Caccia chiede a se stessa, a coloro che le vogliono bene, ai suoi lettori è di restare insieme al di là dei dubbi, al di là delle certezze che nessuno potrà dare mai a nessuno, perché insieme …nell’ultimo spicciolo di notte/saremo noi l’aurora/ gli occhi puntati ad est/ e il fiato corto.