Gentile Angela Caccia,
la ringrazio per
l'opportunità che mi ha offerto di conoscere le sue poesie, peraltro riunite
sotto un titolo così originale e intrigante.
Non credo che un mio
cenno potrà aggiungere granché all'ottima e articolata prefazione di Anna Maria
Bonfiglio, inoltre già la dicono lunga la sfilza di riconoscimenti letterari
che lei ha meritatamente conseguito.
Mi sento solo di commentare, per quel che vale, che non leggevo
liriche così belle (avrei potuto dire: intense, suggestive, profonde,
eccetera... ma penso che "belle" sia più idoneo) da almeno dieci
anni: sin dall'apertura con un verso come "E' un tempo che
strina...", che riscalda il cuore come quando si leggono le
"invenzioni" montaliane, o subito dopo: "C'è un paese in me /
che non conosci", e ancora: "poi ti sfebbrerò sulle ginocchia" e
"Morire d'amblée", nonché magnifici versi programmaticamente anacolutici
(per arricchire il significante/significato) come: "Un rubino il sole
stamattina / il cielo lo reggevano gli alberi"; ma è un'ingiustizia
continuare per frammenti, la silloge va letta, "assorbita" per
intero, immergendosi a occhi socchiusi e mente spalancata nell'aura "ungarettiana"
che la pervade per poi riaffiorare più "riposati", forse più
"saggi", di certo più consapevoli dell'equilibrio abarico: "il
punto morto del mondo, l'anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che
finalmente ci metta / nel mezzo di una verità" (Montale, "I limoni").
Io come giornalista scrivo
sul Resto del Carlino - Ferrara, che accoglie solo articoli di argomento
locale, ma se riterrà opportuno, a sua discrezione, inviarmene una copia la
girerò a conoscenti che gestiscono siti culturali Internet molto letti, ai
quali raccomanderò di segnalare la sua preziosa pubblicazione.
Con ammirazione