Uno sguardo, quello di Francesco
Cosco, così attento e sottile, da cercare dove il seme, gettato
da quel verso, è nato e va a fiorire. Intuizioni grandi le sue, figlie di una grande
sensibilità.
Poco tempo è trascorso, Angela, da quando
mi espressi sulle tue liriche dicendo di riconoscervi un libero spirito
neorealista in cui pensiero e realtà incrociano le loro braccia, malinconiche
piuttosto, sol lasciando intravedere di tanto in tanto barlumi di gaie speranze
… e che il giovanile ardore con presenze di decadenti simbologie erano ormai
per te solo un ricordo.
Or bene, nella presente raccolta non ho
che da confermare, se il giudizio ben mi indica la strada, le mie recenti
impressioni: riconosco nelle tue liriche un sentimento, piuttosto diffuso
oggigiorno, di cantare la realtà nelle sue poliedriche dimensioni.
Io
non so se è una reazione istintiva ad un mondo che ci ha trascinato improvvisamente
nell’indistinto di un etereo tecnicismo, oppure una contrapposizione spontanea avverso
un vivere sociale che lascia ormai poco alla fantasia e alla genuinità
istintiva dell’uomo di qualche decennio fa e che ha perso di vista realtà e
natura interrompendo un progetto di vita più valido. Può darsi che trattasi di una reazione ad ambo gli
elementi.
Me
ne dai atto in questo senso nella lirica “Questo tempo” in cui traspare una
malinconia velata per una realtà distorta, “prima la eco e poi il suono che la
produce”; e così gli occhi ti vanno “al nido da cui sei balzata” … ed hai “nostalgia per un film in bianco e
nero”. La lirica “Questo tempo” è dunque l’espressione principe nella silloge
di Angela: il canto del dramma di un mondo fuori dal reale.
Il
fatto è che nella lettura di ogni tua lirica, io colgo, talvolta in parte, talvolta
ancor di più, sensazioni di vita vissuta, sprazzi di una realtà, talvolta drammatica, talvolta con un epilogo che lascia intravedere
spiragli di speranza futura … Numerosi gli esempi nella tua silloge. Parto da
quel “fruscio feroce degli ulivi”, testimone del grande evento per l’umanità: “tradimenti, il portare una croce, un
soffrire, un morire … ma vivaddio, il sepolcro rimane finalmente vuoto e
comincia una nuova storia”. Dopo questo
importante ”Incipit” nella lirica “Dal balcone”, immagine panoramica della
natura, emerge ancor più stagliato il
pensiero di Angela: tutto un programma di vita gli si presenta, con un’analogia
all’ “albero cosmico” maya … quivi è la morte della natura a conservarne essa
stessa la vita, che ad un certo punto essa non rinasce, improvvisamente
esplode, avendo conservato il suo guizzo non in un sarcofago mediatico, ma in
una semplice stilla, e se la lirica termina con una “speranza affamata di vita”,
significa che il dramma che la realtà propone ha pur i suoi limiti.
Ma per una lirica drammatica un’altra con più
felice epilogo corona la silloge: quella titolata “Dal Vangelo di Maria” canta una realtà sublime, è la storia di una
sposa, cantata nel Vangelo, ancor prima che nel Corano. Maria si sogna sposa
fedele, custode del focolare e delle pareti adiacenti arricchite di cipolle e
di verzure, ma ebbe d’un tratto la sorpresa della “luce dell’Annunzio”. Con
quanta umana fede ella accettò. Angela dipinge il pensiero di sottomissione di
Maria al Divino con una espressione di un realismo da copione, che solo lei, al
femminile, poteva dipingere: “Nelle mie
arterie scorreva già l’oceano ne accolsi la potenza, non scorsi il suo fondale
e chinai il capo”. Un evento che prelude al dramma se non si riesce a
cogliere in fondo “al lungo corridoio” una luce lontana, tenue, ma sicuro segno
di redenzione.
Ancor più il pensiero di Angela intravede sull’essenza di “facebook”
un progetto non mediatico, ma dai risvolti umani: Pensieri cadono a petalo/ su un campo che / simula la vita/ qualcuno li
raccoglie / e ricompone il suo fiore.
Le
tue armonie, Angela Caccia, ci stupiscono per quanto mente umana abbia saputo
concettualizzare ed esprimere in versi pensieri così fecondi.
Francesco Cosco
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