Non ho in simpatia questa festa ! A dirla tutta, me la lascerei tranquillamente scivolare se non fosse per gli auguri. Li ricevo in una resa incondizionata restituendo al mittente un sorriso, grato per bon ton e spudoratamente falso per occasionale disonestà intellettuale.
Perché una festa ?
Il ricordo delle 129 operaie tessili bruciate vive in un opificio di Chicago nel 1908 è doveroso, ma dal commemorare un evento così tragico a celebrare la donna “perché donna” si sfocano le motivazioni per una festa.
In fondo, che merito ho ad essere donna ? Tanti anni fa un ovulo ed uno spermatozoo hanno combinato il pasticciaccio: la coscienza di un sé – Freud docet - arriva ad un anno di vita, quando alcune pulsioni, entrando a contatto con la realtà, si staccano dall’es e si trasformano: ergo: io, donna, sono entrata in ballo a giochi fatti !
Mi si potrebbe obiettare che donna, non solo si nasce, ma ci si costruisce. A riguardo, qualcuno anni fa eluse le tante differenze di razza, pelle, geografiche, culturali, religiose, e chi più ne ha più ne metta, per esaltare le due uniche e accreditate categorie atte a popolare questo mondo: uomo – donna. Ma allora dov’è la par condicio ? Penalizziamo anche loro, gli uomini, con una bbbella festa! (... e non mi dite che loro festeggiano i restanti 364 giorni, perchè allora siamo sceme ad accontentarci solo di un giorno!)
La nebbia è sempre più fitta. Forse in un sonetto di Shakespeare una chiave di lettura: la damigella offre il suo fazzoletto all’amato che retrocede indignato: l’accettarlo significherebbe che lui necessita di un simulacro per ricordarla, che lui – orrore! - potrebbe dimenticarla...
Se tanto mi dà tanto, noi donne, a mo’ di fazzoletto, domani festeggiamo al solo scopo di rammentarci e rammentare chi siamo e che ci siamo (… possibile che le cerette e i cibi surgelati ci abbiano così snaturato?! )
L’empasse poi è totale quando penso che, se si commemorano santi, martiri ed eroi, in quale delle tre categorie dovrei essere ascritta ? A mo’ di Sant’Agostino invoco continenza e quant'altro necessario alla mia santità “ma non subito”; il martirio non è nei miei geni che vanno in ebollizione per un semplice mal di denti e, in quanto ad eroismo... be' ho una mia convinzione: quello vero si annida nella quotidianità – anche i gesti eclatanti a ben vedere sono il risultato di un intimo costruirsi lento e severo – in un agire mirato, per lo più altruista e gratuito e faticato e sofferto, a volte fino alla morte...
Amare è voce del verbo curare, e una donna, più di tutti, lo sa.
A tutte Voi, il mio abbraccio solidale.