Diciamocelo: è un Natale sottotono ma ce lo nascondiamo un
po’ tutti.
Qualcuno, con frasi tipo - l’importante è essere vivi;
che ci sia la salute e compagnia a briscola- cerca di ravvivare le braci
e, invece, sembrano nicchiare anche le luminarie sull’albero.
Natale è quella finestra che si apre una volta l’anno e, come ogni finestra, è un punto di fuga dove l’interno e un esterno si
raffrontano, si intersecano, si raccontano. L’armonia tra un fuori e un dentro non
è scontata né dovuta: stride, più di ieri, un accorato desiderio di pace coi
rumori della povertà della guerra dei
disastri climatici delle ingiustizie sociali della malattia.
Torna l’immagine della porta della Basilica della natività a
Betlemme: piccola angusta stretta: la porta dell’umiltà. E non è quella -o qualcosa
di molto simile - che, tutto sommato, faccia difetto: chi più chi meno, chi
crede e non, oggi è fin troppo consapevole di essere solo un pulviscolo nella grande
battaglia tra bene e male.