Immaginiamo la nostra dimensione interna composta da tante celle esagonali, un favo con migliaia di celle, nascosto sotto un ramo o nell’incavo di un tronco. Proprio in questo nido, avvolto dal mistero, si genera la consapevolezza della poesia di Angela Caccia.
L’alveare assopito è una raccolta poetica basata su un ritmo sospeso di versi, privati di punteggiatura, quasi a creare parole aeriformi e vibranti, come il ronzio fascinoso delle api che librano, si annidano e impollinano.Parole come api, ognuna con un compito definito, mai vuote, piene di aria respirata in ogni angolo della giornata. Così riusciamo a percepire gli istanti di vita del poeta: le notti e i giorni, il roseto addormentato sul ciglio delle strade, la luna lontana, case, tetti e le stagioni, distinte da un sogno nitido e ben definito. “Infallibile regia della natura/partecipiamo al congedo della rondine/sulla rampa ripida dell’autunno/e tutti a cercare l’ultima rosa/In primavera sbendiamo l’inverno/increduli che l’aria sia tornata/a profumare di ogni sorta di parto (…)”. Ogni parola ci racconta uno scenario vissuto, in modo minuzioso e contemplativo, un mondo fatto di silenzi e solitudini, difficili da “vuotare”. Angela, nel silenzio, trova l’unica forma di comunicazione: “Poesia è ciò che non è accaduto/ e calò il silenzio/ come unica forma di eloquenza”. Il poeta, nonostante il ronzio esterno, non può “togliere il silenzio alle cose”, perché nei dettagli afoni dell’assenza-presenza, la poesia parla, diventa casa. Proprio nel suo alveare, il poeta “s’affida al foglio”, cosciente del “lato ghiacciato” delle parole: scrivere significa anche riaprire le crepe e aspettare che il sole le asciughi per diventare collante tra le ragioni della vita. Angela genera la sua poesia come fa un’ape regina quando si alza in volo: la poesia, sovrana indiscussa del suo alveare, di quelle celle assopite dal ritmo della penna, a volte troppo incalzante e lacerante. Al poeta basta un volo sul foglio per ritornare nell’alveare (nel suo luogo caro) dove ricostruire la vita, nonostante “le pietre d’inciampo”.
Raffaella RossiPoesie tratte dalla raccolta: Dislocare vita sul foglio le dà spessore ma un’accozzaglia di parole non trova il bandolo – ovunque solo pietre d’inciampo Tutto sa di tenerezza e tutto è distanza non è facile togliere il silenzio alle cose – … smalizialo allora il verso tenta l’approdo qualunque! – ma la voce si incrina Dicono sia la perdita la misura dell’amore e a me resta un pezzo di vita mancata dalla parte del buio * Ti direi che è facile vuotare le parole conoscerne il lato ghiacciato o l’alveare assopito – alcune a deviarne una sillaba tornano crepe – bisognerà attendere che il sole le asciughi scongiurare solitudini in cattività gli alberi in lutto ostinato e altre ghiottonerie del dolore – tu conserva sempre memoria del bianco un diario minimo del ritorno