Solo una madre avrebbe potuto scriverlo: è parola che non ha
bisogno di maiuscola pur essendo un tutt'uno col nome proprio di chi lo vive,
restituiamo quindi alla donna, più che un aggettivo, una corona. Essere madri: una
sorta di status, la consapevolezza che, dal giorno in cui il cuore -non solo e
non tanto il ventre: si può partorire un figlio "nelle" e non solo
dalle proprie carni! - decide di ospitare, lei non sarà mai più sola: al
vuoto lasciato dal parto, la presenza del figlio si traduce in pensieri e azioni di cui è incipit, finalità, condizione.
Il corpo femminile si duplica per nove mesi al fine di partorire.
Poi, può solo pensare e pensarsi nel plurale di un noi.
Da pagina 27
vorrei scrivere sui muri ancora caldi di estate
che la vita sparsa
nel tempo dell’inizio
inventa una casa nella nostra
una
pancia nella pancia
e noi dovremmo
starle vicino
seduti muti
accomodati sulle note
tra le rime dentro il ventre
le
risate dentro il pianto
le frasi malate le
ferite da amare