Angela Caccia, Il tocco abarico del dubbio, FaraEditore,
Rimini 2015, €. 10,00
Pur diviso in sezioni, il
libro di Angela Caccia, Il tocco abarico
del dubbio, presenta le caratteristiche non tanto di un'opera strutturata intorno
a un titolo, quanto piuttosto di una raccolta di testi cresciuti via via sotto
il segno del vivere, nella sua semplice complessità, «un esserci di
heideggeriana memoria» - come anticipa l'autrice in premessa - sulle coordinate
di spazio e tempo. Un esserci per la morte, dunque, presenza che ricorre inesorabile
ma non senza la speranza propria di una religiosità salda, non aleatoria, capace
di senso nonostante le domande, il dubbio... , capace di alta tensione etica (Caino pigia un tasto e uccide / di una morte
scollata dal dolore, p. 27). E della medesima pietas in morte, tanto che si
tratti di volti cari ( Le braccia
allungate, p. 20; Tra le mani, p.
34), quanto di più lontane vittime (Lì
dove sei, p. 21; Nello sguardo di chi
resta, p. 22) ma anche di animali - come la cagnolina Nina ( in Per i tuoi occhi, p. 31) - .
Indicata nell'indice dagli
spazi bianchi, la suddivisione in sezioni sembra in vero assumere valore di
pausa, respiro, come il silenzio nella musica. Poi in realtà si riconoscono i
raggruppamenti tematici. E pagine in versi si susseguono inframmezzate da
alcune altre in prosa, per lo più poste ad apertura o a chiusura delle diverse
sezioni. Ma nel continuum dell'insieme anche le prose che a tratti affiorano
tra i testi in poesia, evocano il ritmo dei versi in un argomentare per via di
progressive analogie. È una prosa il testo d'apertura - L'onda del pomeriggio ha una sonorità chiara e una nota cupa, una sola
nota - quasi - impercettibile e cupa, che sale dal fondale....(p. 14 ) -,
che con i suoi ossimori dischiude subito al lettore le antinomie del reale, fermo
restando che si tratta per lo più di di ossimori-sinestesie (sonorità chiara e una nota cupa). E
subito tra allitterazioni assonanze insistenze sonore, rime (sale - fondale), si crea quella
musicalità di fondo che attraversa l'intera raccolta mentre è evocata un'
ambientazione marina. Il mare, che doveva fare da sfondo al paese d'origine, ritorna
spesso in questa opera tra un componimento e l'altro anche semplicemente in
senso metaforico, per accostamenti o accordi analogici...., come nella
successiva prosa - A volte annaspi e ti
aggrappi ad una ciambella di nostalgia (p. 40) - dove nella metafora del viaggio per mare, del possibile
naufragio (annaspi), salvagente (ciambella) può rivelarsi la nostalgia. Anche
la memoria , in particolare proprio nella forma della nostalgia - dolore per il
desiderio del ritorno - attraversa questi versi di Angela Caccia, senza cedere
al lamento ma salvando vivi e presenti gli affetti, compresi e tanto più quelli
nei riguardi dei tanti che hanno lasciato l'orizzonte di questo mondo.
Spazio, tempo, memoria,
dolore, solitudine, poesia e omaggi poetici, testimonianza, requiem (Di pietra in pietra, p. 75), preghiera (La nuova rotta, p. 73; Goccia capovolta, p. 86)...che si fa lode..., tutto
questo esprimono prose e versi nel libro di Angela Caccia, in una profusione di
ossimori di luci e ombre, assenze-presenze, voci e silenzi... e di sinestesie di
ogni genere, mai scontate, sempre di assoluta intensità anche nei componimenti
meno complessi: vicino e altrove /sospeso
senza forma / cadi su di me col suono / della neve - Sul dolore, p. 19 -. L'opposto più ovvio di "vicino"
sarebbe "lontano"; mentre il lettore si trova subito davanti come uno
scarto di significato, uno scatto, un passaggio: verso un "altrove".
Il dolore acutizza sempre le assenze, amplificando al tempo stesso vicinanza e
lontananza, ma il lontano è già mutato in altrove
e ciò che non si può percepire sensibilmente sembra tuttavia cadere addosso nel
silenzio, investendoci secondo altre modalità. Così la neve scende senza fare
rumore; ma chiedendo conto del proprio dolore, interpellandolo, il proprio
dolore, i versi cadi su di me col suono /
della neve esprimono per contrasto uno stridore di gelo, salvando insieme
-insieme ossimoro e sinestesia - la leggerezza soffice di quel cadere... In
poesia bastano sempre poche parole per evocare tanto in intensità, profondità,
altezza... e questa di Angela Caccia è sicuramente più complessa di quanto non
appaia nell'apparente linearità del dettato: da una parte si avverte una
colloquialità di fondo nei toni di parlata familiare, dall'altra lessico e
sintassi fanno ricorso ai linguaggi specialistici (spazio abarico, 39), con tendenza a neologizzare (sottrarsi alla sacca / del tempo che /tacca
lo sguardo , p.20; barcarole
abbittate, p. 39; Toccherà amicarsi
il buio / per scavallare la notte, p. 77; ) o a forzare comunque la sintassi,
interagendo sul piano semantico. L'autrice racconta e non racconta; adduce a
volte particolari e poi li sfuma o subito li abbandona per introdurre altre
immagini, altri segni...e lasciando in una certa ambiguità le vicende da cui
prendono le mosse abbozzi di narrazione.
Discorso, riflessione, meditazione,
raccolta di pensieri, immagini, suggestioni, intuizioni, fantasie.... tutto
questo è il libro, un'opera complessa che al tempo stesso in cui affronta i
grandi temi del vivere, indaga sul fare poesia. Anche in tal senso si deve
fronteggiare il dubbio: dubbio sulla stessa scelta di realizzare o meno il
libro. In forma di lettera, a se stessa, al
libello, al lettore..., l'autrice racconta in qualche modo la vicenda
dell'opera, i momenti di arresto, l'incoraggiamento di un amico...la ripresa,
sino alla decisione definitiva di pubblicare...
Degni sicuramente di nota gli
omaggi ai poeti, ai grandi maestri della poesia (Rilke, Neruda...), della
musica (Debussy, p. 84), ma anche a nomi meno noti, come il giovane Guido
Passini che Angela Caccia ricorda in memoria in una intensa alta preghiera : Se muore un poeta, Signore / concedigli che
il silenzio più ottuso / si faccia canto di una vita, / alla vita che non muore
/ che si sposta altrove // è stato
l'ultimo suo verso / ancora gli scintilla sulla bocca (p. 76). E giacché i
poeti hanno antenne più sensibili alla poesia dei critici o degli editore,
consola trovare tra gli altri un omaggio al nome di Margherita Guidacci, voce
altissima della poesia italiana contemporanea ancora troppo poco valorizzata
sia dalla critica che, tanto più, dall'editoria. Inquieto amore (p. 60) è per altro un titolo perfetto per
significare il tracciato di una esperienza di vita e di scrittura quale fu
quella della poetessa fiorentina.