mercoledì 2 settembre 2015

Solo brevi domande esiliate di Grisenda Doka



Ci sono libri di poesia che si stagliano con forza e, verso dopo verso, ergono nell’intimo come un paese, e lo ami da subito per quel tanto, o per quel poco, di misterioso che ritorna e affascina.  Libri che, una volta letti e richiusi, continuano a riverberare un gusto pieno, così variegato, difficile da ricondurre ad un quid unicum.

Ho il dubbio che sia stato il mio olfatto a leggere questa silloge: un potpourri di spezie avvolge travolge stordisce. Difficile capire la provenienza di ogni afflato, ma è tangibile la solidità di un profumo che gli appartiene e lo connota.

Tema di alcune liriche, uno struggente amore filiale; in altre ritorna, in un sommerso e imprescindibile fil rouge. Declinato in più sfaccettature, l’anima dell’autrice, sovrapposta a quella della madre o del padre, è dolente: non si identifica; oppure assurge ad un prolungamento del loro spirito quasi a completarlo e rinnovarlo; ora è un “felicemente altro”  dall’origine a cui resta profondamente grata.
 
Nel verso sincopato il riflesso di un’essenzialità che ha dell’inesorabile: malinconico, dolcissimo, pare intonare un’antica nenia albanese. A volte è un tamburo di guerra. Il ritmo deciso inneggia al coraggio e alla fierezza di un popolo che, nella Nostra, non si identificano solo in radici, vanno oltre: una pregnanza viva e attiva, di cui sarà ricco lo sguardo, di cui ne è già testimone la parola.

Ciò che fa la differenza tra le piante è il seme, ciò che le accomuna è quell'intreccio sotterraneo di filamenti diversi che svelano quel groviglio/abbraccio tra distinte radici. Ecco perché ho avuto piacere a raccontare di questo libro: ne ho sentito sorella l'autrice.

Dalla mia visuale – una fucina che, nel bene o nel male, sbruffa fumi -, è poesia che rientra appieno nella categoria “riuscita” per quanto sa adempiere alle sue ambivalenti funzioni: provocare/confermare, stupire/intrigare, sbaragliare/addensare, consumare/innescare; in una parola, agire fino ad una sorta di purificazione che fa sentiero all’armonia, catarsi che solo la buona poesia sa attivare.

Ai critici, poi, il compito sapiente di fare le pulci.