” Chi crede che il fare poetico sia
un fungo che in una sola notte si sparga sull’ombra della pietra non conosce
l’uva, e quanto tempo impiega a farsi acino di sole”.
A. Caccia
Una raccolta di poesie ricca di sussulti e brividi che non
lascia nulla al caso o all’insignificanza. Angela Caccia, nata a Cutro (KR),
pubblica la sua raccolta nel 2015 per la collana “Il filo dei versi”, Fara
Editore. Poetessa non alle prime armi, Angela si avvicina al lettore trattando
tematiche intime ma con cura e rispetto, con l’atteggiamento di chi sta
costruendo qualcosa di imponente con materiale fragilissimo, qual’è la parola.
Dalle sue liriche si avverte la sofferenza del finito, amore logorato dalla
lontananza, domande continue e continuamente irrisolte nel tentativo di dare
semplicemente voce al “tocco abarico del dubbio”.
Il tutto calato, a tratti, in
atmosfere immobili, senza tempo e senza spazio, per ricreare sul foglio di
carta la necessità insita di concentrazione ed attenzione. La silloge, divisa
in quattro sezioni, presenta frammenti in prosa che soppiantano talvolta i
versi non degradandoli, nè degradando a sua volta la prosa poetica che adotta.
Argomenti autobiografici introdotti qua e là in una realtà umana tormentata e
ricca di immagini. Scrive Anna Maria Bonfiglio nella prefazione:
“il punto
abarico, o zero gravity point, è quella zona in cui le forze gravitazionali
terrestri e lunari si annullano a vicenda generando un punto zero. In questa
esatta posizione si inscrive il dubbio, che non porta verità nè inganno“.
Il dubbio si fa creatore e non malefico ladro di razionalità. Di
leopardiana memoria è la concezione del dubbio come risorsa: l’uomo sa di
essere nel dubbio “e sa più che si possa”. E da questo concetto nasce la
varietà di liriche e la pluralità delle tematiche dell’autrice, la quale
affronta l’amore, la morte, l’arte e la natura con la famelica grazia di un
poeta inquieto, ma che vive nelle sue domande.
Dal blog dell'autrice Regina Mab