QUEL SALTO PIENO NELLA VITA
Nel
leggere poesia scattano alcune dinamiche tipiche del traduttore: all’inizio sei
tu ad ospitare intimamente l’autore;
se poi il verso ti prende, lentamente, quasi inconsapevolmente, vai ad abitarne l’anima: in un libro. È
allora che si avvertono i silenzi del poeta, il verso assume il ritmo di un
respiro, la parola il timbro di una voce.
Questo
l’effetto della buona poesia: un incantamento, e l’intimo e vano desiderio che
quel libro abbia braccia per ricambiare il tuo di abbraccio.
Un
tipo di poesia che equivale a “saperne scrivere”, potenzialità mai scontata
negli addetti ai lavori: si acquista in una specifica qualità del tempo, quella
che frutta esperienza e, nel tempo, si fa saggezza.
Mi
è d’obbligo una piccola digressione: lo stile dell’anatra - teoria esposta da
Raffaele La Capria per una buona narrazione - vale due volte, a mio avviso, per il poeta che non ha i tempi distesi della
prosa: il verso dovrà avere la leggiadria dell’anatra mentre scivola sul letto
del lago, nessuno, tra quelli che la osservano, saprà mai - né potrà immaginare
- quale il lavorio delle sue zampette sott'acqua.
Il
libro di Lucianna Argentino, è libro di grande esperienza, liriche che sanno,
ormai, come attivare nell'intimo del
lettore i sensi che, per quanto fallaci, sono gli unici umani recettori
(pag. 8)
Le
chiacchiere della ghiaia
nei
giardini e il nasturzio
all’ombra
della parola
slegano
il tempo dall’abituale rito
e
lo consegnano a una nascita fragile
senza doglie.
A pag. 18, fotogrammi di un ricordo,
dove il grande traghettatore – da re-cordare : riportare al cuore – sa come risvegliare
dolcezze
Sembrava
facile pensare che potesse essere tutto lì.
C’era
il sole, il vociare del vento,
c’era
l’infanzia con le altalene a filare il tempo,
c’erano
i prati, gli alberi, il loro verde
materiale
e mutevole e c’era un poco d’ombra
per
non socchiudere troppo gli occhi.
Sembrava
facile, sì, pensare che potesse essere tutto
in
quella luce a strati,
nel
desinare chiaro della rondine,
nel
lavorio della formica, nella liturgia della morte,
nella sua sonora pietra. Felice di nulla edificare.
E ancora da pag. 38
Arrivarono
le campane
a
siglare l’inizio di maggio
e
poi di nuovo la buona stagione
a
sciorinare pistilli e spore
nei
parchi allevati dall’infanzia
a
ciuffi d’erba e pinoli
a
sassolini e terra nelle scarpe
e formiche e luce tra i capelli.
Un pensiero a parte meritano le
liriche di fede, o meglio, liriche in
cui la parola si accosta, come può come sa, al Mistero, e lo scintilla.
Il vuoto in cui si sostanzia la preghiera,
il pregare: spazio dovuto a Dio perché lo riempia di sé:
da Pag. 25
Stasera
è Dio a pregarmi
d’ascoltare
ciò che sta nascosto,
ma
già mi ci provo
mi
ci scrosto l’anima
come
Teresina gratto i muri santi
il
sacro del mondo.
Di
più, ha insistito,
ancora
più ascolto
più
profondo ancora
ancora più obbedienza;
Così delicata la lirica alla parabola
del Figliol prodigo: in quella “voce rimasta a vibrare/in qualche punto
indeterminato” il motivo e la spinta del suo ritorno al Padre (pag. 53)
Andava
incontro al padre
lo
rimetteva al passo,
al
presentimento postumo.
Fate presto, fu ciò che in ultimo
udì
da lui – vero di voce.
Voce
rimasta a vibrare
in
qualche punto indeterminato,
catturata
dove la memoria
non
è questione di sinapsi e neuroni
piuttosto
del moto armonico semplice dell’amore
che
tiene alto il coefficiente di correlazione
tra i vivi e i morti.
Su ogni pagina grava lo stesso filtro
da cui distillare l’intero libro - per
poi accorgersi che tutto è essenza ed è rimasta nel crivello –: il perché la
Nostra scriva
Da pag. 26
Scrivere
è togliere spazio al male,
è
addomesticare la paura
che
torna selvatica a ogni respiro
è
tentativo di conoscere
se
nella radice dell’albero dimorano
necessità
e libertà,
se
sul suo tronco è la misura
di
altezza e statura,
se
nella sua chioma nidificano
verità
e verosimiglianza,
adesso
che so stare sotto la sua ombra
lo svantaggio umano.
Se nell'opinione comune, la più inflazionata e la meno discussa/rischiosa, poesia
è voce di emozione, in questo libro l’emozione si fa carne:
… è la fonte principale della presa
di coscienza. Senza emozione non c’è trasformazione delle tenebre in luce,
dell’inerzia in moto. [...] Un complesso è realmente superato soltanto quando
lo si è consumato vivendolo fino in fondo… (1)
Al
poeta che si lascia consumare dalla sua stessa poesia in quel “salto pieno
nella vita” (pag.31), si riconosce una congenita generosità: partecipare a noi
e al mondo, il dono di viverla fino in fondo per poi condividerne i più intensi
bagliori.
________________________________________________
(1) Carl Gustav Jung, citato in John
Weir Perry, Emozioni
complessi relazioni, in
AA.VV., Anima
– Per nascosti sentieri, Moretti e Vitali, 2001, pag. 186.