La
parola - anche quella che si muove nel linguaggio artistico e si patina della
giusta ambiguità per non pregiudicare oltre l’emozione che non sta tutta nella ‘forma’ di parole - per sua natura definisce e toglie
pregnanza al vissuto.
Tanta
premessa per giustificare il mio NON COMMENTO alla serata che si è svolta il 15
giugno nel Castello di Santa Severina.
Potrei descrivere le tappe del work shop, elencare i brani letti e chiosati,
sottolineare l’impostazione oltremodo intelligente e armoniosa, la bravura degli interpreti, l’elegante
platea che lentamente si è infoltita e, da subito, animata partecipe calda,
ma sarà più puntuale l'articolista di un quotidiano.
Io, che vorrei raccontare l'attimo e l'incanto, porgerei solo l’immagine riflessa di uno specchio: tratteggiata nei particolari, non porterebbe con
sé gli odori e le atmosfere vissuti .
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