10.5.2013, nell'Istituto Don Bosco di Messina, ad opera dell'Associazione culturale Terremoti di Carta, si è tenuta la presentazione del mio libro.
Relatore d'eccezione S.E. Mons. Antonio
Staglianò: un Grande e un grande onore.
1. La parabola poetica
di Angela Caccia è sicuramente infittita di contenuti lirici e di stilemi
tematici che le permettono di raggiungere un orizzonte nel quale la
“geografia interiore” della sua anima si confronta fortemente con la drammatica
essenza dell’esistere.
Ciò che emerge già dalla prima poesia
“Incipit” non è altro che la
dichiarazione di una semantica poetica
in cui il rapporto tra immanenza e trascendenza si colora dei tratti del
mistero della croce (… Sale un calvario /
e fa leggero il passo … ) e dove l’aurora della nuova luce della
resurrezione si irradia nel cammino della storia redenta.
“Racconto/
e mi racconto …” scrive la poetessa;
ed è una verità che trasuda da ogni verso, che assume ora toni elegiaci,
ora toni di intensa e alta liricità, ora
toni più descrittivi che riverberano attimi di
cielo e petali di fede.
Il
procedere dei versi si illumina della disposizione a rete delle immagini, dove
ogni lemma utilizzato non risulta mai banale né scontato, ma, al contrario, si
rivela evocativo, allusivo, analogico e, a volte, tagliato con risentimento.
2. La poesia di Angela
Caccia affida certamente i suoi messaggi
ad una miscela immaginifica poggiata sull’uso di un codice linguistico ricco e
carico di rimandi; e difatti i sostantivi, gli aggettivi, i verbi, i riferimenti
interiori, i riferimenti a personaggi come Giovanni Paolo II, Borges, costruiscono un percorso lirico che trascende
la genericità descrittiva e la sciatta prosaicità di certa poesia del nostro
tempo, per leggere la vita, nelle sue forme e decifrazioni, con lo sguardo
distaccato da un lato e coinvolto dall’altro. Come un esegeta, Angela Caccia
estrae dalla vita e dal fluire dell’esistenza
cocci lieti e tristi, per poi tradurli in linguaggio metastorico e
formare un impasto ora raffinato, aulico ed elegante, ora disincantato ed
estasiato.
La
poesia di Angela Caccia si muove all’interno di coordinate metafisiche che fanno della sua
raccolta non un libro di descrizione ma di introspezione. Quella
dell’Autrice è una metafisica
istantanea. In un breve componimento la poetessa riesce a dare
una visione dell’universo, un segreto dell’anima, una poetica degli
oggetti, tutto insieme.
Questa metafisica
istantanea è già condensata nel titolo stesso del volume: Nel fruscio feroce degli ulivi. E’ un titolo dal sapore ossimorico ,(“fruscio
– feroce”) dove la poetessa staglia il
gioco dei contrari: tutto ciò che è “fruscio” ha il sapore della delicatezza( “Sono la tenerezza muta/ nessuno l’ha coccolata..), della leggerezza, non dura a lungo ed è indice di fuggevolezza, di instabilità,
di mutevole cambiamento, di fragilità,
di parcellizzazione e di costante divenire;
e allora il fruscio, se è soffio di leggerezza, perché
per la nostra poetessa è feroce? Perché richiama il fruscio che tumultua
dentro l’essere di ciò che esiste, dentro la
coscienza di ogni uomo; un
fruscio che rivela all’uomo l’inganno
del tempo, l’illusione di sogni repressi nell’anima, gli ostacoli al
raggiungimento e alla ricerca della pace interiore simboleggiata nell’ulivo, facendogli così toccare con mano il dolore e la ferocia di
una quotidianità smarrita e delusa e bisognosa dell’Altro, dell’Oltre,
dell’Assoluto, di Dio padre. Dunque
questo fruscio è al contempo una lama ed
è una carezza: la lama è quella prodotta dal non senso, dal vuoto delle
relazioni, dalla perdita degli affetti più veri, la carezza è la mano di Dio
che apre orizzonti di luce dove “un’anima
nell’anima/ ha una sola voce” .
3. Un sensibilità
sociale che si connota di accurata attenzione agli accadimenti più dolorosi del
nostro tempo si coglie nei versi della Caccia allorquando i suoi occhi rivedono
il dramma che ha colpito i terremotati dell’Emilia o quando rievoca il
sacrificio di Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia. Nelle poesie
“Lettera alla mafia” e “I giorni sottili” è presente, infatti, un afflato di
umanità che richiama alla speranza(… E
non basterà il progetto / sarà importante camminare…”) e che rivela come
Angela Caccia voglia reagire
a quello che Hegel chiamava “il negativo del mondo esistente”, e come la sua poesia si
muova , seppur velatamente, nell’orizzonte della speranza cristiana che spingeva i Padri greci
e latini ad affermare “per crucem ad lucem”, ossia è attraverso la croce, la
sofferenza e il dolore che si arriva
alla luce, alla resurrezione.
4. Nei versi di
Angela Caccia c’è inquietudine, c’è
speranza, c’è sogno. Il suo percorso lirico
conosce così gli slanci d’un cuore che sa sperare e stupefarsi, cogliere
i valori etici dell’itinerario umano,
intrecciare armonie e ricordi, emozioni e silenzi, caducità ed eternità,
mito e realtà. Il registro linguistico possiede una sua originalità e una
nomenclatura che germina costrutti
metaforici radicati nell’humus affettiva della poetessa e nel bisogno di
affidare alla fede gli accadimenti umorali e le stimolazioni dell’intelligenza
creatrice.
Quelli di Angela Caccia sono versi che fermano lo sguardo su affetti
quotidiani, i quali vengono guadagnati alla lirica con un linguaggio
necessitato dal bisogno di libertà e armonia; le sue liriche ricreano l’usuale,
lo plasmano e lo rivestono di tensione creativa, dando così vita ad un poetare
che non esula dalla realtà ma che coglie la verità delle cose e che si colora dei toni dell’amore.
E così in questa atmosfera, poesia e vita
si intrecciano armonicamente divenendo itinerario lirico.
Antonio Staglianò
Nessun commento:
Posta un commento
se vuoi, di' la tua...