martedì 2 aprile 2013

Scusate l'inquietudine (di Davide Rondoni)


Anche i sentimenti seguono le mode? Parrebbe di sì.

Oggi ad esempio va di moda essere risentiti, vaffanculisti, sentimentalmente fascisti nel senso che si fa di tutta un'erba un fascio, aggressivi per dispetto. Che so, invece negli anni '80 andava di moda la levità, la finta cortesia, la "splendidezza" come si dice in Romagna. O nei '70 andava la complessità, l'arzigogolo, il cioè del cuore e della mente.
Beh, allora scusate ma io ho un problema. Non mi passa l'inquietudine. Insomma non segue le mode. Resta lì, viva danzante fortissima come non mai. E che razza di sentimento è l'inquietudine, insomma quella cosa che ti prende per cui le cose non sono mai pacifiche, non sono mai solo chiare, non sono mai solo oscure, non sono mai piatte o di taglio? Qualcuno pensa che l'inquietudine sia il contrario della semplicità. Sbagliato. La vera semplicità nutre l'inquietudine.

La quiete, al contrario, è nutrita dal rimbecillimento. E d'altra parte l'inquietudine -di cui si sono interessati tutti i geni dell'umanità da Agostino a Giussani, passando per Baudelaire, Pessoa, Eliot, Ungaretti Montale- non coincide necessariamente con la pesantezza. Ma al contrario può essere la fonte medesima di una allegria non volatile.
Perché queste righe sulla inquietudine? Perché vediamo molto in voga altre cose, tipo la rabbia, lo scontento, la rimostranza, la supponenza, la faciloneria, lo schematismo. E questo non pensiamo sia un buon segno.

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