Anche
i sentimenti seguono le mode? Parrebbe di sì.
Oggi
ad esempio va di moda essere risentiti, vaffanculisti, sentimentalmente
fascisti nel senso che si fa di tutta un'erba un fascio, aggressivi per dispetto.
Che so, invece negli anni '80 andava di moda la levità, la finta cortesia, la
"splendidezza" come si dice in Romagna. O nei '70 andava la
complessità, l'arzigogolo, il cioè del cuore e della mente.
Beh,
allora scusate ma io ho un problema. Non mi passa l'inquietudine. Insomma non
segue le mode. Resta lì, viva danzante fortissima come non mai. E che razza di
sentimento è l'inquietudine, insomma quella cosa che ti prende per cui le cose
non sono mai pacifiche, non sono mai solo chiare, non sono mai solo oscure, non
sono mai piatte o di taglio? Qualcuno pensa che l'inquietudine sia il contrario
della semplicità. Sbagliato. La vera semplicità nutre l'inquietudine.
La
quiete, al contrario, è nutrita dal rimbecillimento. E d'altra parte
l'inquietudine -di cui si sono interessati tutti i geni dell'umanità da
Agostino a Giussani, passando per Baudelaire, Pessoa, Eliot, Ungaretti Montale-
non coincide necessariamente con la pesantezza. Ma al contrario può essere la
fonte medesima di una allegria non volatile.
Perché
queste righe sulla inquietudine? Perché vediamo molto in voga altre cose, tipo
la rabbia, lo scontento, la rimostranza, la supponenza, la faciloneria, lo
schematismo. E questo non pensiamo sia un buon segno.
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