C’è poco da fare, poco da stupirsi o lambiccarsi: stesso ceppo, stessa atmosfera, stessa guida ma … i figli, tra loro, non si somigliano mai. Paradosso poi, il secondo è sempre agli antipodi del primo: quest’ultimo, un autentico lord - anche da adulto, è la persona di cui mi fidi di più in assoluto - il secondo invece… è tutta un’altra poesia.
Con lui ho avuto problemi anche ad inculcargliele quelle ‘paroline magiche’ – grazie/prego/per favore/per piacere. Ti permettono di ottenere ciò che vuoi, gli spiegavo, ma le lezioni, costanti e continue, erano vane.
Una sera mi piombano per cena ospiti inattesi, bella gente molto legata all’etichetta. Prendo da parte il piccolo
- Tesoro, ti raccomando… cerca di stare tranquillo, soprattutto ricorda le paroline magiche prima di chiedere qualcosa…
- Non ti pleoccupale mamma.
Pronunciava benissimo la erre ma, se voleva vezzeggiarsi, parlava in cinesoide.
Iniziai a preoccuparmi...
Nel corso della cena il piccolo andò alla grande: mangiava composto, ascoltava e rispondeva compito, inosservato giochicchiava col fratello. Eravamo quasi al dolce…
- Mamma, dammi acqua! – calò il silenzio. Mi voltati stupita e lui, stupito dal mio stupore, ribadì perentorio
- … dammi acqua!
Abbozzai un sorriso e cercai di “imboccargli” la giusta formulazione della sua richiesta
– per… per…
E lui, che già con lo sguardo mi dava della tontolona, rispose ridendo
- … per bere!
Riconosco però che, nel tempo - e dagli e dagli! -, anche lui imparò. E imparò così bene che quelle benedette paroline iniziarono a ritorcesi contro di me. Un esempio per tutti: quando pranzavamo, lui che aveva bicchiere e bottiglia a portata di mano, chiedeva puntualmente a me di versargli l’acqua. Un giorno obiettai …
- Tesoro, per piacere, ti verseresti l’acqua da solo?
- Mamma … ma te l’ho chiesto per piacere!
- ANCH’IO! – risposi secca.
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