mercoledì 2 settembre 2020

FAGLIA di Alessandro Ramberti



Come si fa a fare poesia senza memoria? La poesia è prendere qualcosa e togliere il superfluo per farlo risplendere. Le parole devono avere una potenza intrinseca, il lavoro del poeta è sceglierle tra tante altre. (Patrizia Cavalli)
Che questo, come del resto i precedenti libri,  abbiano ben chiaro l'assioma della Cavalli,  è indiscusso; che il poetare di Alessandro Ramberti sia un vero setaccio a maglie strette in cui scrollare ciottoli e oro per concedere solo alle pepite l'onore del foglio stampato,  è altrettanto assodato.
 Gliel'ho sempre invidiata - a lui, come a pochi altri poeti, così chirurghi del verso-  la cura affettuosa  che ha delle parole: il soppesarne le sillabe  perché ogni termine rimanga sospeso sulle sue stesse ali senza gravare sul contesto; la scelta nella -quasi impercettibile- variazione di significati tra l'uno e l'altro lemma è un tiro con l'arco, spostato di millimetri per centrare il bersaglio.
A voler restare sul sommario, questo è il bene che ritorna in ogni libro di Ramberti.
Faglia ha diversità inattese:  non so se si tratti di una piccola resa del Poeta fortemente intimistico, dai fondi/abissi così cari al suo pensiero poetico, spinto, oggi più di ieri, dal desiderio di portare con sé ogni lettore al quale concede -e si concede -  un linguaggio più aperto.  
Oppure - in questa che  è la novità: il suo essere più discorsivo - si rivela un' esigenza o un compromesso al quale non si  è potuto sottrarre. Già, a voler essere poeti onesti, nella celebre accezione sabiana, "non puoi sottrarti" al prezzo che qualcosa –anima o inconscio o coscienza ... e chi più ne ha più ne metta- esige per consentirti di rimanere autentico.
Ben vengano artifici, costrutti per avvalorare il soffuso o rimarcare, sonorità e ritmi che agevolino il veicolare del senso, ma il Poeta, quello vero, non  può che essere onesto, e chi si sottrae o s'allontana o rinnega l'ispirazione del momento, bypassa  rovinosamente ad una precisa funzione del verso: al pari del caduceo di Hermes, sposta nubi e lascia cadere qualche  verità su di sé.  Posizionarsi agli antipodi del nobile poiein, rivela il funambolo e il mago che è in noi con annessi cilindro e coniglio.
Ma torniamo a Faglia, titolo che, conoscendo l'amico Ramberti, mi ha catapultata ai quadri di Lucio Fontana: intervistato su cosa rappresentassero quei tagli sulla tela, li definì feritoie al suo infinito. E, mi ripeto, conoscendo "le distanze" -per fede cultura e sapienza- di Ramberti, non trovo una spiegazione altra a questo fortunato titolo.
Poesie che, parodiando il petaloso da subito benvoluto da accademici e non, trovo particolarmente acumose e universalmente nostre in quel tratto che si e ci interpella – da pag. 40

Il fiato di un nome di una foto
l’odore perfetto di un momento
la linea scolpita di un profilo

i laghi degli occhi luccicanti
annullano i nessi del pensiero
più grande è il destino delle immagini

ti senti nient’altro che un umano
un centro stupendo sempre al limite
cosciente che il viaggio non è vano.

Certo, verrebbe da riportarne molte di liriche in questa nota, tutte quelle che ti spingono avanti di un passo o che hanno trovato parole essenziali per parlare di un fumoso che t'appartiene o quei pensieri che credevi "già pensati" e tornano pensanti: Faglie, appunto, aperture che si risolvono in nuovi cammini – da pag. 46

Se l’inclita fase della vita
ti sembra sfuggita senza aloni
di gloria o di fama non è forse

la prova del nove che conferma
la falsa umiltà l’irrefragabile
infido proposito di avere

riscontri dagli altri senza spine
per dare fomento a ciò che subdolo
a quel che non dura ed è già in fine?

Superba, e non trovo aggettivo  più adeguato, la lirica che segue. Quello dell'incontro resta, per un poeta, l'enigma perfetto, il tema inesauribile che s'invola in inestinguibili decolli e temporanei atterraggi – da pag. 37

Gli eserciti in fretta si dispongono
nell’intimo a scindere il morale
lo scontro si svolge nelle viscere

si lacera il petto nel segreto
non sai tu di me né io di te
ché molto non può trovar parole

è lì incastonato in quel segreto
in te come un marchio personale
in me come traccia lungo il greto.

La verità è che, vuoi per le atmosfere che s'addensano subito in pochi versi - di cui il Nostro e' maestro-, le sue liriche, tutte, ripropongono il tema dominante di profondità inesauribili, da scandagliare di continuo: si ripropone un silenzio perfetto che cerca e trova silenzi da scuotere.
A leggerlo, non puoi fare altro che fargli spazio perché il raccolto gettoni...
Poeta -e Ramberti tra i capofila- è sempre colui che ti parla da un'altra dimensione dove vorrebbe portarti o ritrovarti. Del resto, parola è da parabola, linea curva che unisce due punti precisi: la voce dell'autore all'orecchio di chi decide e accoglie quella voce perché ha il suo stesso timbro e non può non sentirla che amica.
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