Ore sette, lungomare di Crotone,
conosco la città dal periplo della mia
età. C’ho fatto le scuole superiori, ho portato i figli su tutte le giostre
e in tutti i circhi, l’ho gustata in lungo e in largo partecipando e ideando eventi
culturali.
E m’accorgo di non conoscerla
abbastanza: su un volto familiare, all’improvviso, una luce nuova
Il mio sguardo fisso sul mare, lo
interrompe una staccionata da cui pendono rami: gemme sulle fronde alte, come belle
ragazze affacciate ad un balcone, c’è un profumo di natura che scende a
grappoli
Lascio la strada -che si sta facendo
rumorosa- per la spiaggia e m’affianco all’onda: sfrigola piano, troppo piccola
per una risacca esuberante, vince la dolcezza di un suono rotondo che voltola sull’acqua;
qualche sparuto gabbiano sullo sfondo, cadono dall’alto -forse da una tasca nascosta-
piccole scintille: è l’allegria di questo mare
In tasca il fedele mp3 -una lectio di
Sini qualche canzone di De André-, la mia ombra che dalla rena si spalma
indistinta sull’acqua, quel pescatore alla fine della scogliera, il desiderio
di trovarmi sulla punta della sua lenza, così mi decido per questo silenzio fondo di cui è impastata solo la bellezza