Uno scritto, quello del
Prof. Carmine Chiodo (Università Tor Vergata - Roma), che mi ha profondamente commossa: mi son sentita avvolta
da braccia robuste e sapienti che hanno saputo pienamente comprendere il “non
detto” affidato al verso. Grazie…
E'
ovvio che una silloge poetica mostra la fisionomia, la cultura, la
sensibilità di chi la scrive: leggendo allora questa di Angela Caccia ci
si rende subito conto che si sta davanti a testi ben articolati e
amalgamati, che presentano diverse gradazioni e una incessante ricerca
linguistica, aspetto questo importantissimo che rende un poeta degno di
attenzione. Una poesia, questa di Angela Caccia che si mostra subito originale
nei suoi temi e nella lingua con la quale quei temi sono espressi.
Si coglie
molto bene l'atteggiamento della poetessa verso il mondo, le cose, la sua
realtà interiore, il suo modo di essere e di pensare. Dicevo prima incessante ricerca linguistica, uso di
un linguaggio che esprime le varie percezioni dell'io poetante, e già dal
titolo troviamo quel particolare termine "abarico” che è il verso motore
di questa ben riuscita silloge poetica, termine che viene preceduto da un
altro che ne rende più incisiva la funzione: “tocco", è come se la poetessa
toccata da quel "dubbio" che ha quella caratteristica, dispiega
sotto la sua forza determinante il suo essere lirico, realizza quindi i suoi versi,
nei quali parla, ragiona, pensa una persona, la poetessa stessa che
appunto determinata da quel tocco genera una poesia intima, intrinseca, unitaria,
che si basa su varie immagini, metafore, situazioni che predicano l'essere
stesso, la persona che -come in questo caso- dispiega la sua voce interiore
e poetica in cinque sezioni.
Orbene a mio
parere questa silloge si mostra ben fusa e amalgamata in ogni sua parte, e non
di rado ciò si imbatte in delle immagini essenziali nelle quali sono calate
certe sensazioni, riflessioni che dicono momenti di vita.
Tutto è ben
disegnato e scandito e nel contempo si accompagna a una lingua piana, molto
suggestiva, e al riguardo faccio alcune citazioni:" Un abbraccio questa
notte d'estate/e noi abbandonati /senza più pelle /nella sua nota dolcissima
e muta ...." ( Noi l'aurora p.88); "Sono nata nel mese dei morti
/squillando vita/nella cordata degli anni /conobbi piccoli peccati/e la
vergogna /la grazia ombrosa della timidezza/la transumanza dei sogni /in
utopia” (Di stelle grezze,p.70); "Enzo è urologo/Giulia è morta/io sono
quella che/adora ancora le matite"(Compagni di scuola,p.51).
Bastevoli
sono queste citazioni per spingermi a dire che la poesia della Caccia non è
rimasticatura o imitazione meccanica di versi altrui, ma possiede e mostra una
sua propria tecnica versificatoria e linguistica che appartengono interamente
alla poetessa.
Voglio dire
questo: che per capire la poesia della Caccia bisogna soppesare le sue
parole, le sue frasi, ripeterle in se stessi e vagliarle poi nel contesto
generale del componimento intero, solo cosi si può seguire la voce della
poetessa, le sue sensazioni, i suoi istanti esistenziali, la sua maniera di
dire, di predicare, di presentare la realtà non solo quella esterna ma quella
interna, intima.
Ma nella
Caccia le due realtà sono fortemente fuse ed espresse con un linguaggio ad
esempio metaforico che ci fa vedere le varie gradazioni e sfumature, i modi di
dire le cose o i sentimenti, e cosi si vengono a concretizzare in dei versi che
si confermano come riflessioni, ragionamenti che investono i diversi
piani dell'io, della realtà, della presenza dell'io appunto in essa. La mente
pensa e detta versi e sentimenti vari che si ricollegano a certe
situazioni che pur avendo riferimenti realistici, corposi, dicono, mostrano
certi stati interiori: un "sentirsi" talvolta iterato: "Noi un
mare notturno/dove il cielo /all'improvviso /duplica stelle./ Noi/fuochi lenti
/da spiagge immacolate" (Compagni di scuola, cit., p.52).
Una poesia
che nasce anche dalla sensibilità e dalla cultura. Mi par di capire che da
molto tempo l'autrice si dedica alla poesia, alla parola poetica, da vario
tempo scrive versi con esiti felici, positivi:"Ogni giorno raccoglievo con
cura/le mie promesse in una cesta bucata/che puntualmente si svuotava" (Il
rigo sbilenco, p.50); "Ci scruteremo l'un l'altro/nel cicaleccio di
una pizzeria/e conteremo sottecchi/rughe che non credevamo" (Compagni di
scuola, cit., p:51); "Resisti Nina/resisti da sola/cosi curva/in questa
pozza di dolore/ci fosse un dio dei cani…" (Per i tuoi occhi,p.31).
Sono momenti
questi, di piena grazia poetica, e al riguardo non posso non citare questi
altri versi seguenti:"Dentro, la tua voce /ha fatto il nido sui rami/fogliosi
di noi/resto nel tuo sguardo/una pianura placida/un sogno senza
scadenza/è in questa luce spersa /la tua assenza" per cui si legge poi immediatamente:
"l'ombra colma la stanza ", e poi ancora l'esito finale: "sul
pavimento cubi /castelli torri merli/e la mia cella" (Le labbra al
bello, p.47); e per terminare con le citazioni: "l'aria è strana stasera
in paese/cielo a scacchi/notte bianca lunata/cade a latte e s'arancia in un
neon/ passo a passo/per le strade annottate/un giardino spigato di case."
(Mi prende per mano,p.79).
Ciò che
mi colpisce di questo libro poetico, e perciò è lodevole, è la varietà
linguistica e tematica, per lo stile, e tutto ciò esplicita situazioni e
sentimenti, emozioni e sensazioni continue.
Una
varietà che fa apprezzare maggiormente il libro, lo fa apprezzare di
più e nel contempo mostra la bravura e la sensibilità che ha la poetessa
nel presentare il suo modo di essere, di sentire e di pensare ed esprimere
la vita. Certo Angela Caccia ha letto vari poeti perché persona colta, ma che
comunque ha saputo filtrare e assimilare né imita sterilmente. Potrei fare nomi
ma - a mio parere - citare e dire quel nome quel poeta lascia il tempo che
trova: non amo, diversamente da molti, dire la
poetessa procede al modo di questo o tal altro poeta oppure presenta suggestioni di questo altro poeta
oppure ancora nella silloge son presenti
certe movenze o echi del tal poeta.. ma atteniamoci ai testi e non
scriviamo tutto ciò che ci passa per la mente: i testi della Caccia sono
eloquenti al riguardo e mostrano un linguaggio originale, temi originali, e il
pregio di tal poesia sta appunto qui e, quindi, è poesia degna di essere
ascoltata, sentita, analizzata, e per il momento prendo congedo dalla
silloge citando alcuni versi che danno o, meglio, dicono la profondità e
la varietà di questa poesia-racconto esistenziale che si basa talvolta su
"visioni” antiche e recenti, su riflessioni, sui colloqui interiori, che
generano versi come questi seguenti: "Dio è troppo in alto/perché cada su
di te/la Sua ombra/....dimmi/come raggiungerti" (Vento e coperta,p.83); "E
tornano i silenzi /come gallerie/caligine sui fianchi/la testa è di
medusa/digrigna i denti/sibilano serpi."(Frammento I,p.57),e infine: "Lasciami
i tuoi occhi/vedrò il fiore minuto/e bianco tra le agavi/aprirò con le
tue/le mie labbra al bello." (Le labbra al bello,p,47), e Angela Caccia ci
fa appunto vedere e gustare il "bello" della poesia.
Carmine Chiodo