Il
libro in questione, e fin dalle prime liriche,
evoca la figura di Don Tonino Bello. Non tanto perché il Vescovo di
Molfetta abbia scritto fiumi di parole sullo stesso tema – extracomunitari,
poveri, emarginati - quanto per il pathos: lo stesso!
Anche qui troviamo una sorta di
immedesimazione: l’autore, Giulio Gasperini, con un dire limpido e secco –
qualità che esaltano il verso acuendone la tragicità -, a tratti racconta, a
tratti “si” racconta calandosi nella figura del migrante; condizione per la
quale, e grazie alla quale, ogni verso trasborda di compassione: quell’immenso peso di lacrime che si regge insieme.
E
il peso che si sobbarca il Nostro, è il peso del Poeta che sa – deve - rivivere
sulla propria pelle la stessa odissea perché la corrente poetica giunga a meta,
passi da anima ad anima, dall’autore al lettore:
Ma non so la differenza – ogni porto
è
come casa, non cambia mai la mia
partenza. Pag 13 - Mare
nostrum
Errare come vagare,
non come sbagliare. Perché lo
sbaglio
non esiste: quello che si cerca è
solo
l’ombra d’un giorno che non sia più
triste. Pag 17 - 14
Kilometri
Sono
madre e stringo figlio in fondo al mare.
3 ottobre 2013. Pag. 20 - Madre
Nella struggente
lapidarietà di questo verso, la vera stele sta tutta in un abbraccio.
È
il libro della compassione. Tra tanti richiami evangelici spicca il concetto di
carità cristiana che non si esaurisce mai in un semplice donare – cosa di cui
si compiace il cattolico della domenica, ateo feriale -, ma si sostanzia in un
donarsi, riflesso di un progetto di vita alto che non può eludere l’altro, dove
riverbera la Sua parola che chiama tutti, indistintamente, a farci mattoni per
la costruzione del Regno.
Gasperini,
che non vuole puntare il dito contro nessuno, pare dire tra le righe “… ora
sai, decidi tu se rimanere il cristiano del capretto”.
Scriveva
Gaetano Salvemini: Credo solo nel Critone di Platone e nel discorso della
montagna. Questo è il mio
socialismo e lo tengo impresso nel mio pensiero, perché a esprimerlo mi pare di profanarlo.
Cerco di esprimerlo meglio che posso nelle
opere. Affrontare problemi concreti, immediati, seguendo le direttive di marcia dettate dalla morale
cristiana, e non perdere tempo in disquisizioni
teoriche su cosa, cosa dovrebbe essere, che cosa sarà la democrazia, il marxismo, il
socialismo, l'anarchia, il liberalismo. Che se ne Vadano tutti quanti a casa del
diavolo. Perdere tempo a pestare acqua nel
mortaio delle astrazioni e vigliaccheria; e evadere ai doveri dell'azione immediata, per rendersi
complici della conservazione dello status
quo.
Ma quante sono le
barriere che si frappongono tra i buoni propositi e l’azione?... Persino un semplice
sportello si fa steccato invalicabile
Sportello
pag. 30
Il
vetro separa – il vetro silenzia.
Viso
contro viso, labbra a muoversi,
secche
di suono. Tu mi chiedi,
io
non sento. E spesso non rispondo.
Tu
chiedi, di nuovo, insisti. Io non
capisco,
non mi so spiegare. Perché
le
parole non le ho, non le conosco.
A volte non
resta che l’ultima pietà: raccogliere la tanta morte che galleggia, e il mare
diventa un campo di gramigna da ripulire, lì dove prima respirava il grano.
Sommozzatori (pag. 21)
Si schiude il blu
dell’acqua, si gemma un azzurro cielo.
Tra di loro una donna incinta – chiusa
a sé stessa, a proteggersi la pancia. La
solleviamo, la tiriamo su – forse l’acqua,
la pressione della risalita: il suo corpo
secco si schiude, il bambino esce – si
Sommozzatori
guadagna il suo spazio: e col cordone
rimane alla madre unito, allacciato.
Neanche in morte si sono separate
– due vite rinnegate, affogate nel mare.
Nella lirica Visto (pag 29),
una chiusa che non perdona:
Concedetemi
quel visto – lungo o breve
non
importa. Concedetemi un permesso,
un
saluto di facciata, un accesso
più
sicuro. Concedetemi un aiuto.
Fatemi
entrare dalla porta – non fatemi
scavalcare
un alto muro, una lunga
ansia
di mare. Fatemi atterrare con l’aereo,
fatemi
mostrare il mio passaporto di
straniero
pur sempre cittadino. Concedetemi
un
visto – sono solo un uomo in cammino.
Già, ma chi può dirsi arrivato? Chi, in
nome di una cittadinanza o nazionalità, può barrare strade precludere
cammini?...
È
anche vero che la linea di demarcazione tra il forte/autoctono e il debole/extracomunitario
è molto labile, e il primo finisce a volte tra gli artigli del secondo che si
svela violento sanguinario. Homo homini lupus: non c’è più differenza tra
straniero e non, tutto rientra nell’aura dell’umana fragilità dov’è ancora
scandalo e – purtroppo - quotidiana la lotta fratricida: ci sarà sempre un
Caino contro un Abele. Ma è a quest’ultimo, Abele, che Nikolaj
Berdiajev affida la grande
responsabilità «All'inizio, Dio
disse a Caino: Cosa hai fatto di tuo fratello Abele? Nell'ultimo giorno, dirà
ad Abele: Cosa hai fatto di tuo fratello Caino?». Abele risorgerà non per la
vendetta, ma per custodire Caino. La terra sarà nuova quando le vittime si
prenderanno cura dei carnefici. Fino a cambiarne il cuore.
Altrimenti
il destino di ognuno – della nostra terra, del mondo intero! - è irrimediabilmente segnato.
Tertium
non datur.