La
recensione di Marco Furia, al di là dell’onore che mi rende la sua attenzione e
la sua penna, è una radiografia: mi sono sentita trapassare da uno sguardo
lucido, tecnico.
Nell’autorevolezza del risultato, tutto il mio compiacimento.
Con cuore amico e grato
Angela Caccia
UN FRUSCIO FEROCE?
Nell’autorevolezza del risultato, tutto il mio compiacimento.
Con cuore amico e grato
Angela Caccia
UN FRUSCIO FEROCE?
“Nel fruscio feroce degli ulivi”, ultima fatica
poetica di Angela Caccia, è un’elegante raccolta di versi in cui, non proprio a
dispetto dell’aggettivo “feroce” (su questo punto tornerò alla fine), la
serenità si distingue dalla coscienza.
Strano a dirsi, perché la serenità, di per sé, è
uno stato d’animo e, dunque, è coscienza.
Nel caso di Angela, tuttavia, tale stato d’animo
sembra quasi staccarsi dal resto, vivere una vita propria fino a divenire
oggetto di una poesia incline tanto all’esperienza quanto alla contemplazione.
Fuor di metafora, la poetessa non intende,
ovviamente, compiere meccaniche (impossibili) separazioni, bensì liberare
ulteriori fisionomie.
La vita è biologia, geologia, astronomia, chimica,
fisica, geometria, eccetera, è, insomma, un tutto che presenta fattezze
definite, distinte.
Chiedersi cosa sia parte e cosa sia intero è porsi
un quesito filosofico?
Sì, ma anche poetico.
Incontriamo cadenze leggere e precise in cui la
quotidianità, lungi dal risultare banale, è come rischiarata da una luce
complice e, nello stesso tempo, autonoma:
“guardo la stanza del mattino
così ariosa
e già arredata di primavera”.
La nostalgia, argomento davvero difficile, viene
trattata con una (non comune) spontaneità verbale capace di renderla
poeticamente interessante:
“è un film in bianco e nero
l’emozione
già consumata
mi culla ancora
con onde piccole”.
Troviamo, poi, brevi sequenze di versi che
sorprendono con equilibrio, poiché riescono a far emergere da un’immagine
imprevista un richiamo per nulla estraneo:
“solo al vento
sarà dato scollinare le frontiere?”.
Non manca il tema della lacrima.
“Conservati una lacrima
dalle un posto importante”
è pronuncia in grado di trattare efficacemente un
aspetto intimo, creando un’atmosfera sospesa, quasi interrogativa.
Interrogazione alla quale, più avanti, è data
risposta:
“C’è qualcosa di virtuoso in una lacrima che sale
e non si piange più”.
Argomenti come la nostalgia e la lacrima potrebbero
indurre a pensare a crepuscolarismo di ritorno, ma non è così: l’interiorità,
nella raccolta in esame, non è malinconica, poiché consiste in una composta
persistenza tendente a oggettivarsi, a offrirsi al lettore con distinte
fattezze.
Il tutto si svolge nell’àmbito di una fede
religiosa vissuta quale illuminante, affettivo attimo durevole e, di
conseguenza, quale sollecitudine nei confronti di un mondo ritenuto degno di
attenzione e di cura.
Siffatta fede, pur testimoniata da poesie
specifiche ed esplicite, è ovunque diffusa come sentimento di partecipe
esserci.
Forse, a ben vedere, quel “fruscio” non è poi così
“feroce” o, forse, è un grumo da sciogliere anche per via poetica.
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