È una fatica leggere, decifrare segni, attivare emozioni, immaginare altro che non sia il nostro mondo.
Lo sa bene l’autore che confida nel primo impatto col lettore - simile, molto simile, all’incontro di due perfetti sconosciuti.
Sin dall’inizio il linguaggio è più o meno affabile, l’incipit più o meno intrigante, il plot ancora tutto da svolgersi, sono tante le spinte ad abbandonare una lettura, una sola quella che convince a proseguirla: la familiarità che nasce dall’aver condiviso la stessa scintilla. Autore e lettore entrano da subito in una rapporto di empatia, un filo invisibile inizia a legarli. A tratti si scioglie, poi si riannoda, lenta si fa più curiosa la curiosità, sollecita la fiducia, disponibile lo stupore. Nell’ultima pagina, apprezzato o meno che sia stato il libro, quel filo è ormai un misterioso legame.
I classici “hanno sempre qualcosa da dire”, i nuovi intrigano per fasce d’età, in tutti un implicito appuntamento dell’autore al lettore: ti aspetto alla fine del libro … per darci del tu …
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