martedì 9 giugno 2015

Il tocco abarico del dubbio - Nota (sorridente) dell'autore


Chi legge o scrive poesia è, comunque, “portarore sano” di un pensiero denso di cui si serve per una sana manutenzione delle proprie emozioni. Il virgolettato vorrebbe indicare, almeno per quanto mi riguarda, una via di mezzo:  il riflettente in questione starebbe tra un peperone mangiato a cena e una velina di San Remo.

Assodato ciò, la mia propensione per la filosofia, mancando di un’adeguata struttura (a volte - ne sono cosciente - si tira in ballo la precarietà di strutture per non destare dubbi sulle proprie capacità intellettive…) raccoglie frutti parziali precari e sporadici. Nel corso degli anni mi sono invaghita del pensiero di alcuni filosofi, la maggior parte li ho abbandonati per strada, pochi - e quello che di questi ho compreso,  tra cui Heidegger – li porto, più o meno consapevolmente, nella mia scrittura.

Il tocco abarico del dubbio è un libro diviso in cinque sezioni  che identificano approssimativamente cinque temi: il dolore, la speranza, la poesia, la fede, la famiglia, “compagini su cui si stanzia un esserci di heideggeriana memoria” (da pag. 13). È da lì, secondo me, che bisognerebbe partire per filtrare il tutto ed evitare, così, che la sottoscritta sia ritenuta affetta da una qualunque forma depressiva.

Riporto, pertanto, alcuni copia/incolla prelevati da internet:

Per Heidegger l'esistenza è autentica quando è pervasa dall'angoscia – questa non va confusa con la paura di morire ma equivale ad una sorta di presa di consapevolezza, “trattasi del sentimento di un essere che sa esistere per il suo fine” - che scaturisce dal prendere coscienza della nostra finitudine: il "vivere-per-la-morte" ha dunque una valenza altamente positiva, in quanto rende autentiche le scelte e, con esse, la vita.