sabato 9 maggio 2015

Cucine abitabili di Paolo Polvani



Alcuni libri sono già nella circolazione arteriosa perché scanditi da precise tappe, simili o parallele alle nostre; altri, hai voglia a masticarli!...

Nel titolo, Cucine abitabili, la cifra poetica di tutta la silloge.
Una cucina porta il vessillo dell’intera casa, intesa come focolare domestico, il luogo che riunisce in modo intimo e informale, dove avvengono le grandi alchimie e il cibo, elaborato e cotto, non nutre solo il corpo; di solito, un regno retto da regine dedite al servizio e alla cura degli affetti più cari.

Già una casa è qualcosa che ci contiene intimamente.
Non è solo l’espressione di un senso estetico, il fotogramma di un temperamento, il cielo ombroso o pastello di un carattere.
E' un qualcosa di più, che ti vive dentro anche quando non ci sei, e la  porti sempre con te come il santino nel portafogli

Da Cosa accade alla casa quando esco sbattendo la porta

Ci sono parole che ancora volteggiano nell'aria
prima che i loro vuoti involucri si adagino
in un residuo di polvere lungo le pareti.

Piccoli insetti diventano padroni del silenzio.
La poltrona trattiene il vuoto della forma, i quadri
mantengono un rigido riserbo.
Sul pavimento lucido un filo parla la lingua dell'esilio.
La finestra registra il profilo delle nuvole.
Il frigorifero senza preavviso si mette a borbottare.

Un contenitore dell’accaduto, un memoriale di persone, il diario di un quotidiano: la casa è tua perché eretta coi tuoi pezzi di tempo e di vissuto.


I tuoi anni

Guarda mamma, i tuoi anni
si allungano spediti
come formiche in fila indiana
sul tavolo di marmo
della cucina
e già s'appressano al bordo

la luce del neon
spande un sentore d'inverno
e d' improvviso
sento freddo.


Di tutti gli ambienti, la cucina è  la stanza dove più veicola la cura l’amore: ti nutro perche voglio che tu viva e viva bene. Mi piace leggere l’aggettivo del titolo - abitabile – come lo spazio di un largo abbraccio. E Polvani non dimentica nessuno in questo suo album di intimità accudite:

Da Le clarinettiste della banda

Alle clarinettiste della banda aprile
porge nuovi alfabeti sulle labbra e avvolge
la scansione degli anni al ceppo della primavera.

Da Malva

Dopo tanto cercare, Sonia, ecco
dove hai trovato Dio: negli sbuffi
di malva profusa a ciuffi
sul ciglio del sentiero.

Da Cose che avvengono

Che buffa storia mi racconti, Anna:  la bambina
ti sistema la parrucca e a te scappa da ridere. (…)

Natale, mi dici, resta uno dei miei traguardi.

Riesco a immaginare il silenzio, la clandestinità
di quelle cellule, persino la cospirazione in atto.

Ci sono cose che avvengono, penso all'incontro della bandiera
con il vento, al fragore dei treni, alla fibrillazione del tuo cuore.



Una lirica, in particolare, pare confermare quanto sostenuto sin ora

Alcune domande sulla gentilezza

Comporta forse dei costi la gentilezza ?  Attiene
a una quotazione di borsa ? Dipende
da oscillazioni di mercato ?  Qualcuno pensa
che non sia da veri uomini ?  Sia una faccenda
tutta al femminile ? Forse che non ci vogliono
attributi  ?  la gentilezza di un albero
non è il risultato di una forza  ?  la gentilezza
del miele non proviene da una profusione di energia  ?
la gentilezza del sole è segno di debolezza ?
E il vento ? Non è gentile il vento  ?
osservo la gentilezza del cielo e mi chiedo
se esista la possibilità del contagio, se
non  sia da augurarsi
un’ epidemia di gentilezza.

La gentilezza – oggi così bistrattata e confusa col formalismo - quando è attributo di un cuore, esso si fa interamente carico della sensibilità dell’altro (Henri Bergson); una sorta di diapason, in grado di percepire la sensibilità del prossimo e agevolarlo, prima di ogni sua richiesta; l’invito a varcare la propria soglia per ricevere gli onori dell’ospite gradito. Non a caso, la gentilezza, secondo Bertold Brecht, è il primo passo verso una comunità libera, perché una società libera non si basa su un contratto, non sulle fredde regole di una partita doppia dare/avere, ma sul principio di gratuità e dono.

Nella sezione Paesaggi commestibili, l’indicazione, forse, del cibo preferito dal nostro poeta, perché appagante come sa esserlo solo la natura nel calendario delle stagioni;  è lo sguardo da una finestra – e anche qui il dono è reciproco -, si posa come una carezza, su spazi ampi o minuzie, ed è, a sua volta, carezzato

Da I peschi fioriti a febbraio

D’improvviso il paesaggio si mette a parlare
la lingua dei peschi fioriti a febbraio:
vocali minime aggrappate agli scalini
dell’alba, cuccioli che tormentano le mammelle del sole.

Da Il confine del vento

Questa campagna esatta e laboriosa tenere tra le braccia,
masticarla piano, assaporare tra i denti una gioia
assoluta e senza credi,  diventare lo sguardo fisso delle vigne,
essere i sentieri che corrono a perdifiato tra gli ulivi

Da I gerani

Sono tranquilli scalatori:
si sono arrampicati
fino all'estremo rosso
senza un cenno d'affanno,
senza un lamento.

Il verso, sempre terso, si sostanzia in un parlare chiaro - nell’altalena di malinconie e slanci di un preciso amare: la tenerezza -, come se il nostro si rivelasse e, nel contempo, fosse il confessore della sua stessa anima.

E lei, grata, lo ricompensa di un’intensa melodia.