sabato 18 maggio 2013

Intervista di Laila Cresta




Ci sono domande che varrebbe la pena porsi periodicamente, se non altro per ribadire un nostro credo.

L’intervista di Laila Cresta è stata l’occasione di una splendida passeggiata, altrettanto splendida  la sua compagnia.





Sulla rivista on line www.stanzaerato.com

(“Sarei più brava a scrivere la mia lapide: visse felice nei suoi verbi”)

Di questa donna calabrese, moglie e madre impegnata nel sociale, ci è arrivata una silloge  di versi liberi “preziosi” come forma e coinvolgenti come contenuto. Della nostra lingua fa un uso colto ed elegante, e il mondo interiore che ci schiude è ricco di luci e di profondità nascoste.


1 -Che rapporto c’è fra la tua vocazione pedagogica” e la scrittura, se esiste un rapporto?
Se vocazione c'è, non è per nulla intenzionale. Forse è un effetto collaterale e inconscio della mia esigenza di scrivere per chiarificarmi e raggranellare un minimo di assertività. Ma anche quella, l'assertività, è della serie: io ho capito e acquisito dei convincimenti sin qui, non è detto che non ci sia di più, di altro, di diverso. È il riflesso dell'educatrice che sono e sono stata per i miei figli ai quali “cerco” (e nel virgolettato è tutta la fatica di non prendere la strada più sbrigativa, quella dell’autorità genitoriale, tentando invece di innescare nel rapporto madre/figlio una sorta di empatia, con la speranza che possa diventare  autorevolezza e fiducia) di propormi amica comunque, anche quando mi è difficile  comprenderli. Rammento, a me e a loro, che sono una persona adulta con un suo carico di conoscenze basate sull'esperienza: non avranno l’imprimatur dell’infallibilità, ma indicano comunque strade già battute.

2 - Da quanto tempo scrivi? 
A me sembra “da sempre”, e da sempre si sono alternati periodi di fermo/silenzio e di intensa attività.

3 - Cosa scrivi? Cosa significa per te scrivere? 
Scrivere ha il vantaggio, tra i tanti, di cristallizzare un grumo di tempo che, all'improvviso, senti carico di un preciso o abbozzato sentimento, per sua natura estremamente evanescente se la penna non lo stigmatizzasse in qualche modo sulla carta. Ed io scrivo, di solito, dell'emozione che mi passa accanto e che ritengo sia utile portare con me nel mio viaggio di vita.

5 - Cosa ti dà? C’è un messaggio, e/o uno scopo, in ciò che scrivi? Esplicitalo. La scrittura è per te una professione, un piacere, un bisogno, o è solo propedeutica al messaggio?
Oltre alle risposte implicite che ho dato sin qui, potrei dire che lo scrivere in me è finalizzato a una sorta di intima e periodica manutenzione del sé: sentimenti, emozioni, valori. Credo sia il modo più efficace per lasciar emergere le  proprie contraddizioni, per tenersi d’occhio, capire se e quando ci si nasconde anche a se stessi, è la cartina di tornasole della propria autenticità. Per certo è palestra, tanto impegnativa quanto affascinante, il sentiero del coraggio di cui periodicamente abbondo o scarseggio, e sul quale ci si può incamminare per scendere in profondità a volte sconosciute o scomode.


8 - Ami la lettura? 

Lettura e scrittura, quando sono consanguinee, sono anche propedeutiche l’una all’altra: nella mia periodica difficoltà ad articolare un pensiero valido, il segnale che ho bisogno di fare un pieno di lettura; e viceversa: se avverto come un bubbone dentro, c’è un attività di pensiero implosa che cerca una sua consistenza nella parola scritta.

9 -Quale genere leggi più volentieri?
Nell’ adolescenza ho fatto scorpacciate di narrativa, in età adulta ho iniziato ad avvicinarmi al pensiero “denso”, per lo più filosofia psicologia e teologia, poi ho preferito la saggistica. Di poesia ne ho letta sempre, ma non quanto avrei voluto: quella che mi piaceva – Merini, Dickinson, Borges, Rondoni e tanti altri - mi restava troppo addosso, dovevo allontanarla da me. Oggi sono un’indisciplinata, non riesco a riflettermi in uno specifico genere letterario.

10 -Qual è limportanza della lettura, secondo te? 
Anni fa mi chiesero di relazionare su una frase di Flaubert che avvertivo come un’ autentica iperbole: “Non leggete per divertirvi o per istruirvi. Leggete per vivere”. Poi, man mano che sviluppavo un mio pensiero, approdai ad altre conclusioni. Il piacere del leggere sta nel deviarsi o istruirsi, magari è anche una forma di consolazione. Dovremmo però consentire un’altra finalità alle nostre letture, e tenercela ben stretta a mo’ di stella polare: un libro può e sa decifrare la realtà che ci circonda e spingere alla coscienza della significazione. È la consapevolezza che fa la differenza tra vivere di gusto e non.

11 -In Italia, si sa, si legge poco. Come pensi si possa incoraggiare un bambino a leggere? 
Molte volte si sbaglia l’approccio alla lettura che, comunque, è una fatica: decifrare segni, immaginare, collegare, rilanciare il proprio pensiero da un pensiero altrui, sono tutte attività intellettuali impegnative.
Leggere, e intensamente, abbisogna di  un rituale. È un po’ come un bagno caldo e rigenerante: ci si cala lentamente, poi, appena il corpo acquisisce la stessa temperatura dell’acqua, si attua una completa interazione tra acqua e corpo - tra lettore-testo-autore- con tutti i benefici che da quell’interazione si possono ricevere.

12 - La poesia ha ancora una valenza nel mondo d’oggi, secondo te?
Di recente ho presentato il mio libro a Messina, grazie all’ospitalità  dell’Ass. culturale Terremoti di Carta. Il relatore d’eccezione, S.E. Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, ha concluso il suo intervento dicendo che nulla come la poesia è capace di coltivare e salvaguardare “l’humanitas” di cui è pervaso l’essere. Concordo in pieno, e aggiungerei che nulla, come scrivere o leggere poesia, sa toccare nervi scoperti e nutrire e rinfocolare con la sua lucina quella “fiaccola per illuminare le camere oscure del ventre”, traduzione del termine ebraico “nishmat” col quale si identifica l’anima.

13 - Cosa può dare a) al poeta, b) al lettore?
Ad entrambi, lettore di poesia e poeta, ho dedicato sull’argomento dei miei versi:

Barche di carta sull’oceano. Vele spiegate
vergate da un vento che si spera amico.

La notte è salvezza che passa per un abisso
mostra una rotta che il giorno a tratti vanifica.
Si naviga a vista rotolando sull’onda gonfia

la più slanciata a lontananze d’orizzonti:
lucciole tremolanti che sfidano chi ha
coraggio e continua il viaggio.

Qualcuno approda dove la coscienza si fa porto.
 
14 - Presentati in dieci righe. Cosa vuoi dire di te?

Provo a cavarmela condensandomi in tre verbi: curo-gioco-viaggio.
Amare è voce del verbo curare, ed io ho un piccolo grande mondo di affetti. Un gioco non è mai fine a se stesso, è un topos che riflette una precisa visione, forse un progetto di vita: negli scacchi alleno logica e creatività, la prima mi lega alla terra, la seconda mi slancia. Pigra cronica col pallino di viaggiare - m’addentro fuori per ritrovarmi dentro - non posso che ripiegare su letture e scrittura. Gli orizzonti più ampi sono di poesia:

una stufetta appassionata
quattro ante di nuvole e di cielo
cicche a metà dimenticate

e poi
ampiezze crinali precipizi
ali di parole …

non sono qui
cercami altrove.

Laila Cresta





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